Author Archives: Vanni La Guardia

Sziget Sound Fest 2006, giugno 2006, Teatro Kismet OperA, Bari

.2 GIUGNO
L’edizione 2006 del Sziget Sound Fest per il sottoscritto inizia con un viaggio Gioia del Colle-Bari che sarebbe stato meglio fare in gommone, considerata la pioggia a secchiate che cadeva giù sulla mia 106 da battaglia. Un viaggio decisamente ipnotico, se sommo al movimento automatico del tergicristallo la colonna sonora dei Mogwai gentilmente offertami dal mio autoradio (quello sì, nuovo).
Sono le 20:30, il teatro Kismet deve ancora riempirsi di gente ma il foyer pullula già di banchetti colorati a rappresentare Stampa alternativa, Legambiente, WWF, piccolo artigianato, LAV, Greenpeace…
Ad aprire la gara che mette in palio un posto al Sziget Festival di Budapest per il vincitore (più un posto al MEI per il secondo classificato e uno al Neapolis per il più votato dal pubblico) sono i Modaxì.
La scarsa affluenza di pubblico (sono le 21) probabilmente non facilita il raggiungimento di quel magico scambio empatico che spesso dà ad una performance un sensibile valore aggiunto. Il crossover dei Modaxì resta però di pregevole fattura.
Dopo una mezz’oretta tocca agli Astrea, band heavy rock completamente rivoluzionata nella formazione. Le 2 chitarre, unitamente al doppio pedale di Rah, garantiscono un impatto micidiale, ben coniugato con il canto femminile.
Si cambia radicalmente genere con i Contrada Caipiroska: un sound che è un impasto tra Caputo, Bandabardò e Capossela, una festa di percussioni, chitarre acustiche e spessore lirico. Molto bravi e apprezzati dal pubblico che si lascia andare alla danza.
Accanto al numero quattro in scaletta figura l’esplosione funky dei Queimada: voce pulitissima e un groove impeccabile.
Da Trani arrivano poi gli Orient Express che innestano su magma psichedelico improvvisi squarci elettrici di buon effetto, alle volte però eccessivamente pompati da una chitarra sopra le righe.
Chiudono i Carving, forti di una manciata di canzoni di ottima presa in chiave new wave: il pubblico apprezza decisamente, scrosciano applausi meritati e la giuria (presente, tra gli altri, Gilda Camero di Barisera) concorda: in finale finiscono Queimada e, per l’appunto, The Carving.
E’ passata da un pezzo la mezzanotte quando giunge il momento degli ospiti di questa prima serata: i Marta sui Tubi. Ricordo di averli ascoltati per la prima volta a Roma tre anni fa: aprivano al Black Out il concerto di Moltheni e mi impressionarono per le doti vocali del cantante Giovanni e per l’uso degli strumenti: una chitarra acustica e una batteria che da sole valevano più di un’orchestra. Anche stasera qui al Kismet offrono uno spettacolo davvero notevole, sobriamente irrobustito da un synth e da un pedalino delay Boss applicato alla voce. Apre “Via Dante” e subito il pubblico reagisce benissimo, intonando i testi e poi tributando applausi poderosi al cospetto di capolavori quali “L’abbandono” o “Vecchi difetti”. Prima di quest’ultima Giovanni esclama: “La prossima è una canzone con la quale abbiamo provato a diventare famosi ma la mafia non ci ha aiutati. E’ come la polizia: quando la cerchi non c’è mai”. A dimostrazione che l’ironia e l’umiltà sono doti rare ma che mai dovrebbero mancare a chi ha deciso di giocarsi la carta del lavoro con le 7+5 note…
3 GIUGNO
Le nuvole spremute e sparute che sporcano il tramonto mi accompagnano fino al Kismet per la seconda semifinale del Sziget Sound Fest 2006: serata che vira decisamente verso il rock, questa. Chiuderanno le Bambole di pezza.
La gara ha inizio con gli Ushuaia, band salentina che propone un sound che molto deve ai Litfiba più ispirati e che convince per compattezza e struttura compositiva.
La padronanza tecnica del Kif non può passare inosservata: rock-blues suonato con maestria e trasporto, stop and go chirurgici. Un gran bel live, insomma.
Si apre adesso la parentesi goth-dark-wave con i tarantini Ragion Pura che immediatamente impressionano con pezzi come “Metamorfosi” e “Isola”, perfetto connubio tra riff metallici, tastiere sognanti e canto femminile cristallino e sicuro. Da sottolineare il gran lavoro di una batteria esemplare.
Seguono i Godyva che, rispetto ai Ragion Pura, innervano il loro impianto sonoro di elementi più oscuri e maggiormente orientati verso il goth-metal.
E’ il turno dei foggiani Rocky Horror Fuckin’ Shit: voce-mitraglia, testi-denuncia, sound debitore delle lezioni di band quali Rage Against the Machine, Kina e Ritmo Tribale. Bravi e coinvolgenti.
Chiudono gli Jolaurlo: uno show impeccabile, una band compattissima con un repertorio che si stampa nel cervello e suggerisce cori da stadio, una miscela funky-reggae-punk-rock che scuote il numerosissimo pubblico scatenato sotto al palco. Chapeau.
La giuria ha deciso: in finale Ragion Pura e Jolaurlo si aggiungeranno ai già qualificati Queimada e The Carving. Gli Jolaurlo suoneranno inoltre al Neapolis Festival in quanto band più votata dal pubblico.
Come già scritto chiudono la serata le Bambole di pezza. Onestamente il loro show lascia perplesso più di qualcuno, non solo e tanto per l’aspetto musicale in sè, quanto per un’attitudine femminista effetto-boomerang. Aprono con “Paranoia”, propongono “Condensa” dal primo disco e così via, tra coretti, look vistosissimo e un punk che attira senza titubanze le attenzioni degli orecchi dei presenti sempre più scarseggianti solo quando viene proposta la cover di Hey Ho, Let’s go! dei maestri Ramones.
10 GIUGNO
Dopo un acquazzone pomeridiano niente male il tramonto concede un cielo quasi sereno: questo giugno sembra un novembre piuottosto impietoso. Riprendo la fedele 106 tra le mani e riparto con le tre ragazze che mi hanno accompagnato in questa tre giorni: Anna Maria Stasi (sue le foto), Anna Surico e Mika Laterza. E con un bel po’ di calda focaccia e qualche birretta di contorno.
Stasera i quattro gruppi finalisti concorreranno per il primo posto, che significa suonare al Sziget Festival di Budapest (in cartellone quest’anno, tra gli altri, Radiohead e Franz Ferdinand, questi ultimi già presenti nel 2005); chiuderanno gli Ozric Tentacles, unica data italiana, un’occasione ghiottissima per vedere all’opera dal vivo questi mostri sacri del prog sperimentale UK e mondiale.
Sottolineo che il lavoro della giuria non sarà agevole, le proposte sono tutte di buon livello, a dimostrazione del fatto che la Puglia può attualmente vantarsi di essere incontrastata fucina di talenti dalle grandi prospettive.
Alle 21:30 attaccano i Ragion Pura, attorniati da luci blu e violacee, perfette per le atmosfere affrescate dai 5 ragazzi di Taranto. Ricevo conferma delle impressioni ricavate una settimana fa: un’ottima band capace di snocciolare canzoni di grande presa, in bilico tra sferzate elettriche e melodie oniriche.
Seguono a una mezz’oretta di distanza i Queimada. Anche per loro devo confermare quanto già scritto, sottolineando ancor di più la bravura della vocalist, dall’uso del microfono, alla padronanza rigorosa dell’intonazione, passando per una gestualità corporea tipicamente soul.
Ed ecco salire sul palco i Carving: il loro sound anglosassone prende forma negli stessi 4 pezzi presentati il 2 giugno. New wave di gran classe, da non sfigurare accanto a Interpol o Editors. E credo di non esagerare: ho l’impressione che questi quattro ragazzi faranno strada.
Chiudono gli Jolaurlo: altro grandissimo show per una band che ormai ha spiccato il volo. La cantante Marzia trascina il pubblico e lo coinvolge in danze sfrenate, basso e batteria macinano ritmiche ora serrate, ora sincopate, le chitarre passano da riff saturi di distorsioni, ad arpeggi delicati, a pennate ska. Applausi finali. Per tutte le band in gara, aggiungo io.
E’ il turno della band ungherese che apre lo show degli attesissimi Ozric Tentacles: i Tanu TUva. Non poteva esserci band d’apertura più azzeccata: sonorità prog, abissi psichedelici, percussioni, synth…tutto disegna un movimento ritmico ondulatorio, ipnotico e il pubblico, ammaliato, quasi in trance, gradisce parecchio.
E’ da poco passata l’una di notte quando si apre il grande sipario che scopre il maxi-schermo adibito alle proiezioni che accompagneranno la performance degli Ozric Tentacles.”Evento” è la parola giusta. Lo si capisce dai cori e dalla densità del pubblico, dalla felicità e dagli abbracci degli organizzatori Antonello, Ettore e Giulio (L’Alternativa), dagli sguardi che incrocio in prima fila, dai sorrisi degli Ozric, esaltati da tanto calore. L’amico Nicola Morisco della Gazzetta del Mezzogiorno, lietamente sorpreso da un’affluenza di pubblico massiccia, mi spiega che in regia c’è la stessa persona che cura le proiezioni dei Grateful Dead, incrociando e miscelando le immagini di ben tre lettori.
La chitarra di Wynne inaugura il lungo viaggio. Scorrono le immagini. Mi è parso di distinguere dei dinosauri, ma ben presto vortici di colori e figure stilizzate hanno preso il sopravvento. I pezzi, pescati in un repertorio che conta più di una dozzina di dischi, sono cosmici e infiniti, i 4 tentacoli sono instancabili, sul palco si alternano ai synth, sfilano 3 chitarre tra cui un’acustica che è una poesia. Il pubblico è in visibilio. Manca un quarto d’ora alle 3 ma nessuno si è accorto del tempo trascorso tra distorsioni progressive-acid-rock, techno e world-music, ritmiche tribali, a tratti reggae ed esotiche, basso pastoso e suoni spaziali. Ripeto, un “evento” per tutti i fortunati che hanno potuto assistervi.
Difficile riprendersi da una cascata emotiva di così grande portata, ma bisogna ancora attendere la proclamazione dei vincitori: vincono The Carving (suoneranno al Sziget Festival di Budapest in agosto), secondi gli Jolaurlo (suoneranno al M.E.I., oltre che al Neapolis). La cosa che un po’ spiace è ascoltare i consueti mormorii di parte del pubblico che indugia con accanimento alle volte eccessivo su lamentele e critiche ai vincitori. Invece io penso semplicemente che trattasi di una band (accanto a Jolaurlo e alle altre 10 in gara) di cui ogni pugliese dovrebbe essere orgoglioso. Probabilmente convogliare le energie in maniera positiva e costruttiva sarebbe di beneficio per tutto il movimento musicale pugliese, servirebbe a incoraggiare investimenti strutturali e formazione professionale fondamentali per colmare lacune evidenti ma al contempo paradossali a fronte di tale fermento e potenziale.
Chiudo esprimendo i miei personali apprezzamenti all’organizzazione dell’Alternativa, allo staff del teatro Kismet (cito Vincenzo Cipriano per tutti) e ai ragazzi di Struktura che hanno proiettato su schermo in diretta tutte le fasi della manifestazione. Ancora una volta hanno realizzato una 3 giorni di live di assoluto valore, riuscendo a coinvolgere un gran numero di persone e dando l’opportunità a 12 validissime band di farsi apprezzare.
Buon Sziget a tutti voi! [Read more...]

BIORN, VICLARSEN, ABULICO, INVISIBLES, NIANDRA e NORMAVANA, DOBACARACOL

<BIORN – VERSO NORD
Nell’approcciarsi all’ascolto di un disco alle volte può capitare che, sommersi da una pioggia tempestosa di catalogazioni ed etichette, si corra il rischio di perdere di vista il concetto più basilare e diretto che ci possa essere: la bellezza delle canzoni. I romani Biorn, con “Verso nord”, forniscono un ottimo argomento per rafforzare tale riflessione. 5 bellissime canzoni, dalla melodia accattivante eppure mai scontata, con punte di vera e propria estasi sonora (“Verso nord”, “Nero”). Per gli inguaribili maniaci del “ma a chi assomigliano?”, potrei citare l’Angelini di “Respira”. Ma parliamo dei Biorn: apprezzabilissima la perizia con cui i Biorn impostano i bridge/refrain nella struttura compositiva, molto efficaci gli intrecci vocali e le chitarre acustiche ora portanti, ora sullo sfondo, ottime le distorsioni che definirei, paradossalmente, morbidissime. E poi, quel refrain di “Verso nord” che solleva dal suolo e ti porta lontano…
VICLARSEN – TRASPORTO
Esce per PmA records il secondo lavoro dei savonesi Viclarsen, registrato da Simone Filippi degli ormai sciolti Ustmamò, produzione artistica targata Olivier Manchion (Ulan Bator). L’attacco è affidato ad una chitarra acustica alla Springsteen/Pearl Jam, cui fa da contrappunto una solista elettrica sognante, pian piano sempre più claustrofobica e ciclica. E da subito si apprezza la cura dei suoni. Ma è con la seconda traccia, “50 corone”, che il pathos sgomita e si dibatte, tra echi di Massimo Volume, Santo Niente e Kleinkief, fino a sfociare in accenti quasi country-blues (ma alla maniera degli Uzeda), incipit per “Madame p”, brano sul cui magma noise si eleva la voce vibrante ed evocativa dell’ospite Patrizia Oliva. Si prosegue così, con un sound che farebbe la gioia di Steve Albini, Alec Empire (“Bandoneon”) e Les Claypool (“Rimane”, “Tre nuove stanze per la notte”) e che alle volte occhieggia alle atmosfere affrescate dai rimpianti Bartok. Un disco fitto di nervi ed elettricità.
ABULICO – DEMO
I quattro ragazzi degli Abulico, da Napoli, propongono una formula che prova a coniugare brit-pop, rock ed emo-core. L’aspetto più “delicato” di questa miscela si avvantaggia senz’altro della voce di Alessandro, timbrica alta, sicura e pulita (“Raining down””). Cambiano le atmosfere in “Feel” ed emergono prepotentemente le lezioni di Beatles e Manic Street Preachers. “Leave me out” invece sembra una b-side di “The Bends”. Citare tutti questi nomi significa in qualche maniera esprimere apprezzamento nei riguardi degli Abulico ma, al contempo, il suggerimento di cercare una strada il più originale possibile, potenzialmente immune da riferimenti praticamente senza via di scampo. In bocca al lupo.
INVISIBLES – DEMO N°9
Dalla Lombardia il quartetto degli Invisibles mi spedisce un cd che trasuda Inghilterra da ogni dove: liriche (“unico idioma che si riesce a sposare con questo genere”), sound, ispirazione, missaggio. L’impasto sonoro è garantito misurando sapientemente parti elettroniche, parte elettriche e parti acustiche. Il riferimento cardinale è il brit-pop degli Oasis e dei Blur, ma non passano inosservate alcune soluzioni di synth alla Charlatans, qualche passaggio vagamente funky e traiettorie vocali a metà strada tra Radiohead, U2 e Cranberries. “Away” è un brano molto radiofonico e ispirato, fortificato da una pronuncia perfetta e da una padronanza tecnica ineccepibile ma in realtà l’intero lotto è costruito per colpire al primo ascolto. L’obiettivo è colto.
NIANDRA/NORMAVANA – RIFLESSIONI
I Niandra (ex Latte +) suonano un punk melodico sensibilmente debitore nei confronti di Persiana Jones, Medusa ma, soprattutto, dei non più esistenti Shandon, sia nell’uso della voce, che negli innesti dei fiati. In questo ep/split sono presenti con 3 brani: “Jeremy” mette in mostra riff robusti e testi di rottura rispetto alle convenzioni comuni; “Sta per piovere” sembra un pezzo degli Shandon, direi a tratti esageratamente; “Stage fright” ha una melodia efficacissima, forte di un refrain che ronza facilmente in testa e soluzioni ritmiche stratificate ideali per trascinare il pubblico durante i concerti. I “Normavana”, autori degli altri 3 pezzi di questo ep, sono autori invece di un tiratissimo hard-core lontano però anni luce dai Negazione degli esordi. E’ certamente più “pop”, lascia spazio a linee vocali e soluzioni melodiche di facile presa. Basti ascoltare il riff iniziale di “Disposti a tutto” o l’attacco di “Saranno guai”, dal profumo intenso di Prozac +.
DOBACARACOL – SOLEY
La chiamano “world music”, definizone in verità alquanto spiazzante, nata anche grazie al lavoro paziente e pionieristico della Real World di Peter Gabriel. Dipende, infatti, dai punti di vista. Nel reparto cd di un grande negozio italiano potrebbe essere così catalogata la musica di DiBango, Fela Kuti, Salif Keita o Mory Kante. Ma in quei paesi potremmo ritrovarvi i Pooh o Gianni Morandi. Passiamo alle Dobacaracol (le francesi Doriane Fabreg e Carole Facal): intraprendono il loro viaggio forti di due voci multiformi ed acrobatiche nel lontano 1998, subito arricchendo il proprio bagaglio musicale con l’interpretazione di canti tradizionali africani e sudamericani e passando per numerosi e importanti festival internazionali (Spa e Montreal, Festival Internazionale di Louisiane, Coup de coeur Francophone…). Nelle 12 tracce di questo bellissimo disco si avvertono le influenze di Monique Seka e dell’africano Alpha Blondy (con il quale le Dobacaracol hanno suonato). Brani come “Baiser salè” e “Etrange” sono deliziosi quadretti amabilmente dipinti da delicate chitarre acustiche, percussioni mai invadenti, discreti innesti elettronici, voci che sono carezze al cuore. Complimenti. [Read more...]

Offlaga Disco Pax in concerto allo Zenzero di Bari

I tempi del ginnasio sono (purtroppo) lontani. Allora, con 2-3 amici folli, in occasione dei concerti, il rituale prevedeva: partenze in treno subito dopo pranzo, altri eventuali mezzi pubblici, piazzamento dietro i cancelli, file titaniche, sospirata conquista finale delle transenne centrali, libagioni…
Tuttavia venerdì 28 aprile, per il concerto degli Offlaga Disco Pax allo Zenzero di Bari, non mi sono voluto privare del piacere di arrivare un paio di ore prima del live e di gustarmi l’attesa nel locale vuoto e rimbombante di silenzio.
Di fronte a me un palco reso scarno dalla mancanza della batteria ma in compenso addobbato da scatole di biscotti Tatranky (le fotografie sono di Anna Maria Stasi), un leggìo sulla cui copertina si fronteggiavano la foto della statua di Lenin e la prima pagina di “Cronaca vera”, un drappo con la scritta “Ceska posta”, un televisorino collegato ad una console con videogiochi stile vic 20, una valigetta piena di gomme cinnamon…
Scenario completato da una strumentazione ridotta a due chitarre (Fender e Rickenbacker) costellate da una dozzina di pedalini, un basso (anch’esso Rickenbacker), una tastierina (ravvivata da adesivi, tra gli altri, di Public Enemy e Settlefish), un portatile e un moog prodigy.
Alle 23:30 lo Zenzero registra un’affluenza significativa e davvero soddisfacente per la gioia di chi, come il sottoscritto, vorrebbe sempre incoraggiate iniziative di questo tipo dalle nostre parti. I 3 ragazzi degli Offlaga si aggirano tra il pubblico, chiacchierando e sorridendo, in sottofondo la new wave di Carlo Chicco.
Colgo l’occasione per un plauso al costante e indefesso apporto che tutto lo staff di Controradio Bari si sforza quotidianamente di fornire alla scena indipendente ed emergente. Plauso in cui desidero coinvolgere anche lo Zenzero, sede ormai abituale di appuntamenti innervati di qualità e coraggio.
Poco dopo le 00:00 Daniele Carretti e Enrico Fontanelli salgono sul palco, mentre Max Collini, tra una smorfia e un paio di corna all’indirizzo di Daniele Carretti, resta a sbirciare quel che accade dal vetro dei camerini.
Il pubblico scandisce il nome di Franco Marini e subito Enrico si unisce al coro a braccia alzate.
Entra Max Collini, qualcuno gli dice che è un bell’uomo ma che stava scherzando, lui sorride, presenta la band e si inizia con Kappler. L’uditorio risponde subito con calore, urlando all’unisono il momento clou del testo: “…ha la faccia come il culo!”.
Collini lancia al pubblico pamphlet con i testi dei pezzi previsti in repertorio e si prosegue: Enver, Cinnamon (con brevi riferimenti melodici ad Allarme dei CCCP), Tono metallico standard… Sottolinea il fatto che il pubblico è sin troppo preparato: lo anticipa non solo nella scansione testuale, ma anche nella presentazione dei brani.
Le basi ritmiche sono semplicemente scandite ora dalle basi preregistrate della tastierina, ora dal portatile; il lavoro di Enrico alle macchine è notevole: suona il basso e con la paletta dello stesso attiva il sintetizzatore. Quando la creatività supera strumentazioni faraoniche con risultati apprezzabilissimi…
Collini, della cui discutibile presenza scenica ho letto da qualche parte, in realtà trasforma i suoi momentanei imbarazzi in punto di forza, guardando negli occhi il pubblico, proponendo movenze lente e vagamente teatrali, trasformando il volto in cassa di risonanza per l’umore testuale.
I momenti più intensi si raggiungono durante l’esecuzione di Piccola Pietroburgo, De Fonseca (con ciabatta bene in mostra) e, ovviamente, Robespierre.
Ma gonfi di pathos catturano i presenti i due inediti finali: Cioccolato IACP e Sensibile. La prima racconta la desolazione di quei posti attraverso un episodio di sesso, pane, cioccolato e droga; la seconda invece è incentrata sulla figura dell’estremista nero Giusva Fioravanti, definito “sensibile” dalla compagna Francesca Mambro, appellativo che suscita in Collini un profondo disorientamento semantico lessicale.
Fine.
Si è parlato tanto (e si continua a farlo) degli Offlaga Disco Pax, del loro reale valore, della loro eventuale originalità: un po’ Massimo Volume? Un po’ CCCP? In tutta onestà penso che oggi sia davvero arduo proporre una formula musicale autenticamente originale, svincolata da qualsivoglia riferimento. Quei 75 minuti mi sono piaciuti, a tratti mi hanno emozionato, mi hanno fatto sentire parte di un vissuto, a tratti mi hanno fatto sorridere, a tratti mi hanno fatto ballare. E questo mi basta, eccome. Al di là di critiche intellettualcervellotiche.
Tutto il resto è desistenza (oppure, cito, “brutta bestia l’invidia”)… [Read more...]

ZOLDESTER, NEWBORN, THE BLAST, NINIVE, WARNERVE, BRIZZI e FRIDA X, FINE BEFORE YOU CAME, PETRA MESCAL, SUBWAY

.Zoldester – se
Ascoltare il primo lavoro del progetto cantautorale rock barese Zoldester (i cui due elementi, Fabrizio Panza e Francesco De Napoli, sono stati membri dei Quarta Parete), è un po’ come prender parte ad un gioioso girotondo a piedi nudi sulla moquette, badando a non inciampare in improvvise increspature.
I suoni sono elettroacustici, soffici come le immagini dipinte da parole che scivolano nell’intimo e lo scoperchiano, amplificate dal packaging e dal corredo di foto e grafica di Francesco De Napoli, vincitore della IV edizione del premio “Click di note fotografiche” proprio grazie al lavoro sull’art-work di Zoldester.
Attraversando “Se” ci si imbatte nella piacevole alternanza di brani delicati e gonfiati della grazia di una sezione d’archi davvero pregevole (“Dicevo di sì”, canzone finalista al Premio città di Recanati 2005 o la bellissima “Si avvicina il cielo”) e altri decisamente più elettrificati e trascinanti (“Girate di luna”, “Guai”).
Zoldester porta con sè ed esprime tutta la fragilità e l’incanto che da sempre accompagnano chi ha il dono dell’esilio dal senso comune. Buon viaggio.
Newborn – demo dicembre 2004
Arrivano dalla provincia di Udine questi quattro scalmanati rockettari rispondenti al nome di Newborn: propongono 4 brani che senza alcuna via di fuga richiamano A perfect Circle e Tool per quanto riguarda composizioni e suoni, e Live, Pearl Jam e compagnia post grunge relativamente all’impostazione e al timbro vocale.
I brani funzionano, nel senso che sono costruiti in equilibrio accattivante tra melodia, pesantezza e distorsione: “Reflections” è canzone emblematica in tal senso.
Insomma, le premesse sono buone, anzi molto buone. Quel che manca ancora è una personalità spiccata e riconoscibile, un “marchio di fabbrica” che faccia pensare ai Newborn, senza scorciatoie o riferimenti fin troppo obbligati. Ma per questo c’è tempo.
The Blast – Everybody wants to change the world…but not themself
“Everybody…” si apre con un intro vagamente country che mi incuriosisce alquanto. Ma la prima traccia mi costringe subito a un passo indietro: per sette minuti e trenta secondi viene ossessivamente ripetuto lo stesso riff e la stessa linea vocale.
Comprendo i “canoni” della psichedelia, ma qui si rischia di debordare nella noia e nella monotonia. Non aiuta una registrazione insoddisfacente, la quale per di più fa cattiva mostra di sè nell’arco di 13 canzoni (!) per 65 minuti di musica.
Insomma, non voglio mortificare il lavoro dei Blast, anzi ritengo che ci siano spunti interessanti, quali il tentativo di proporre una sorta di ibrido tra hard rock ’70 e post punk/new wave, oppure brani che spiccano per qualità e contenuto (“Unghie rotte”). Consiglierei di concentrarsi su un numero ridotto di brani, raffinandoli (per esempio tagliando introduzioni spesso troppo lunghe), lavorando sui suoni. In bocca al lupo.
Ninive- Demo 2006
Il sound dei molisani Ninive è un incorcio tra
dark e goth-rock, un carillon elettrificato. I quattro brani proposti denotano idee molto buone: degna di nota in particolare la traccia numero 3, “Margharet”, il cui dvd avevo già avuto modo di visionare con interesse l’anno scorso. Qui è decisamente buono il lavoro delle tastiere e la voce di Daniele, strozzata alla maniera dei Verdena, ammalia.
L’aspetto sul quale probabilmente bisognerebbe concentrare le energie è quello esecutivo: sarà per la giovane età, sarà per i frequenti cambi di bassista, tuttavia la sezione ritmica risulta alle volte sensibilmente imprecisa. La registrazione poi “affoga” troppo il
sound complessivo. Ed è un peccato. Ma il futuro davanti ai Ninive è ancora lungo, non può che giocare a loro favore.
Warnerve – No one survives
Blocchi di acciaio che sgomitano: l’immagine può calzare per descrivere sommariamente la formula proposta dai Warnerve in queste 8 tracce prodotte da UNS (Urla nel silenzio, Aosta), per un totale di 40 minuti. Sia il sound che il cantato si posizionano a metà strada tra la potenza esplosiva di “Far beyond driven” e lo stoner acido dei Kyuss. Pezzi come l’iniziale “Welcome” farebbero la gioia di ogni thrasher pogante, con le sue ripartenze e la sezione ritmica tritasassi. La maestosa tempesta elettrificata di “Injustice” e “Infedele” (unico pezzo in italiano), con il suo incedere cadenzato e un testo sullo scontro di civiltà e religione, impreziosiscono questo “No one survives”, chiudendo degnamente un lavoro più che buono.
Enrico Brizzi e Frida X – Nessuno lo saprà (reading per voce e rock’n’roll band).
Quante volte vi è capitato di accendere lo stereo e leggere contemporaneamente un bel libro? E quante volta vi è capitato di dover tornare tre pagine indietro o di dover riprogrammare una traccia perchè rispettivamente l’attenzione propendeva troppo verso la musica o verso la pagina? Bene, Black Candy vuole risolvere il vostro problema proponendovi la contemporanea fruizione di estratti del libro di Brizzi “Nessuno lo saprà. Viaggio a piedi dall’Argentario al Conero” e di brani della rock’n’roll band bolognese Frida X (già Frida Fenner, con Jack Punk presente nella colonna sonora di Jack Frusciante è uscito del gruppo, e il cerchio si chiude).
Il rischio in questi casi è di pretendere dall’ascoltatore un ascolto fin troppo attento. Devo dire che però l’esperimento convince. La storia è quella di un quasi trentenne anarchico sposato, con figlio piccolo, matrimonio e lavoro zoppicanti, che decide, prima di diventare un “morto vivente”, di darsi 3 settimane per attraversare zaino in spalla e a piedi col fratello l’Italia da mare a mare.
Il connubio tra Brizzi e i suoi amici Frida X riesce a tenere sempre desta l’attenzione, calibrando perfettamente i momenti in cui la parola deve essere centrale, quelli in cui la musica deve alleggerire la fruizione (e lo fa con apprezzabile disinvoltura tra chitarre garage, basso e tastiere a tratti new wave), e quelli, infine, in cui parole e musica assieme sono tanto efficaci da mettere quasi l’ascoltatore davanti a uno schermo cinematografico.
Le tracce del cd raccontano gli episodi accaduti ai viaggiatori: dai rumori notturni degli animali, all’incontro con una coppia di motociclisti americani, a quello con due sanguigni campagnoli, con un viet e così via, fino al mare. Il viaggio è stato troppo bello, spunta l’idea di camminare sulle acque, fino alla Dalmazia… “Quando cammino penso, e i pensieri più spigolosi si levigano da soli. Per via dell’attrito. E’ una regola fisica”.
FINE BEFORE YOU CAME – Fine before you came
Mescolate un etto di Sonic Youth, mezzo litro di Joy Division, aggiungete un pizzico di Uzeda e i Fine Before You Came sono pronti. In tutta onestà non è agevole trovare netti riferimenti: si citano queste band giusto per suggerire un’idea. Black Candy e i Dischi dell’Amico Immaginario collaborano nella produzione di questa terza omonima fatica del quintetto, la distribuzione è targata Audioglobe. Insomma, una bella squadra dietro un disco molto ben riuscito: dai suoni curatissimi, ai contenuti, al packaging vagamente kafkiano (si sottolinea la presenza di un dvd con un cortometraggio curato dal film-maker Antonio Rovaldi, in sottofondo brani strumentali inediti).
In proposito il cantato descrive proprio il senso di alienazione tanto caro all’autore ebreo di Praga e nelle pieghe della disperazione a volte commovente aleggia l’autoanalisi che ogni volta andava in scena quando Curtis saliva sul palco durante gli ultimi live.
Post-punk? Post-rock? Parafrasando un celebre stralcio di testo “qualcuno è post, qualcuno è pre, senza essere mai stato niente” vien da dire che il grande pregio dei Fine Before You Came è proprio quello, semplicemente, di essere.
PETRA MESCAL – Occhio
Una quindicina di pagine intitolate “Piano di comunicazione per la promozione del disco” accompagna il cd “Occhio” dei Petra Mescal. Vi sono elementi di marketing, management, comunicazione e promozione: un lavoro fatto molto bene, in ogni minimo dettaglio, dall’altissimo profilo professionale.
Passando ai contenuti musicali, siamo di fronte a musica melodica italiana (con saltuari sprazzi funky) non proprio originalissima. Alle spalle dei Petra Mescal c’è il produttore artistico Andrea Zuppini (Concato, Cutugno, Casale, Paola e Chiara…): le dieci canzoni infatti hanno arrangiamenti e sonorità accattivanti, radiofoniche (si citano le emblematiche “Odio lei” e “Le mie parole”) ma il rischio è che il successivo aggettivo sia “prevedibili”. Stesso discorso per i testi, francamente privi di sussulti.
Non si mette in dubbio la professionalità dei musicisti e la qualità del prodotto, probabilmente i Petra Mescal conseguiranno i successi meritati ma la mia personale opinione è che proprio alle giovani band si richiede di osare un po’ di più, di acquisire il connotato personale che realizzi l’obiettivo di emergere da un mondo musicale davvero saturo e massificato.
Subway – 3 track demo 05
Ultimamente dalla Francia mi stanno arrivando lavori più che validi. E’ il caso, per esempio, di “Archie Kramer” dei Matamatah. Assistetti al loro live durante il Sziget Festival, nell’agosto 2005, a Budapest: uno dei più convincenti e coinvolgenti, assieme a quello dei Franz Ferdinand, grazie ad un repertorio che pescava tra i pezzi più sfacciatamente rock de “La Ouache” e di “Archie Kramer”, appunto.
E ora sto ascoltando questo demo delle Subway, formazione francese rock tutta al femminile che torna in pista con la nuova cantante Amandine, dopo un passato di grande rilievo (l’album “Rien ne se voit” del 2003 uscito per Mercury/Universal).
Anche in questo caso ho avuto il piacere di assistere ad una loro performance live, a Perugia, durante il Festival Internazionale di Rock Femminile Venerelettrica. Grinta da vendere, padronanza assoluta del palco e degli strumenti, una manciata di brani di pregevole fattura, una frontman felina e sfrontata.
Ascoltando “Je me laisse faire” o “Adieu désir” mi viene in mente il rock cazzuto di Giorgio Canali e Rossofuoco (non solo per una questione di idioma): seppur la registrazione non riesca a riprodurre adeguatamente la carica del live, sono tuttavia molto efficaci le pause in arpeggio, le ripartenze distorte, le ritmiche sincopate, i refrain melodici ma mai scontati, il cantato gonfio al contempo di rabbia e pathos.
Ne sentiremo parlare ancora, ne sono convinto. [Read more...]

JOLAURLO, LOS BASTARDOS, THE CARVING, SORELLE KRAUS, NDCKAOS, LOU FUNK, WRONG WAY, GRIPWEED, ALKEMIA, LA MENADE, HV

<JOLAURLO – D’ISTANTI
Esce per Tube records, distribuzione Venus, “D’istanti” primo vero disco pieno degli Jolaurlo. Non mancano episodi contenuti nei precedenti demo, rivisti con rinnovato gusto e arricchiti di sonorità ovviamente più curate e squarci elettronici azzeccatissimi (“Disconnection”). Risulta vincente e convincente la miscela ska-rock (perfetta in “Semplice e imperfetta” e “Teatro di burattini”) della band metà barese metà bolognese, che adesso si cimenta anche in arrangiamenti a tratti più indie-pop (“Naif”, “Ansiolitic”, “Mercato delle lacrime”), dunque accattivanti per un pubblico meno ortodosso. Ancora una volta la voce di Marzia trascina e emoziona, passando da metriche-mitragliatrice a vocalizzi accattivanti. Disco maturo, eterogeneo, bellissimo.
LOS BASTARDOS – EFFETTO DOMINO
Più di dieci anni di attività, tre dischi alle spalle (contando questo “Effetto domino”, uscito in un bel formato digipack per Nagasaki records e distribuito Venus), un curriculum niente male (si citano la partecipazione ad Arezzo Wave e la presenza in un compilation targata Rocksound nel 2000). Si presentano così i Los Bastardos, quintetto crossover dalle liriche socio-politiche: “Essere umano?” (singolo del full lenght) ipotizza una deriva aliena per le azioni dei potenti del mondo e denuncia l’ottusa prepotenza dell’Occidente (“non vedere, non sentire, non parlare, non pensare…beato beve, beato consuma, dorme!”); “Diavoli e bestie”, la canzone più tirata del lotto, parla delle Bestie di Satana e della loro annoiata idiozia; c’è spazio anche per i fatti di Genova (“Porta Genova”). Le strutture dei pezzi possono definirsi una sorta di mix tra Zappa e Audioslave. 11 tracce in tutto all’interno delle quali si alternano episodi più ispirati e momenti più anonimi, probabilmente accentuati da una voce alle volte troppo piatta.
THE CARVING – PROMO 2005
Argomento più volte richiamato: è arduo stravolgere la musica con un’invenzione innovativa tout-court. Per molti addetti ai lavori il miglior disco dell’anno è stato “Socialismo tascabile” degli Offlaga Disco Pax. Bellissimo anche per quanto mi riguarda, è di sicuro sul podio, ma certamente non dell’originalità. Se vi piacciono Editors, Rakes o Interpol non possono non piacervi i Carving. Dai suoni al timbro vocale, passando per le ritmiche, il riferimento è evidente in tutti e tre i pezzi. Ma i quattro ragazzi hanno dalla loro una padronanza tecnica e un senso della melodia e del refrain che respinge il rischio dello scialbo scimmiottamento. Bravi ed emozionanti, ballabili sotto strobo filtrati dalla nebbia.
SORELLE KRAUS – LUNATIC EP
Esce per O’Style Records questo ep del quartetto punk Sorelle Kraus, dall’Emilia Romagna. 11 brani tirati, distorti, scorretti. I richiami ai Ramones sono inevitabili (strutture giocate su pochi accordi e tanto impatto), così come la voce tira in ballo ora le Hole della Love, ora le Elastica. Dalla loro le Sorelle Kraus hanno anche un’attitudine live davvero notevole e fondamentale per brani al fulmicotone come “Nervous Equipment” o “The dancing eye”.
NDCKAOS – PROMO 2005
Rischio di diventare noioso. Inserisco il cd nel portatile e le nuove casse appena collegate diffondono una batteria elettronica che apre questo Promo 2005 di una band il cui repertorio è una miniera d’oro. Hit dopo hit, attraverso le 5 tracce snocciola brani elettro-rock dance che farebbe ballare mia nonna. Le tastiere fanno un lavoro enorme che rendono assolutamente supeflua la chitarra (infatti assente ma non se ne accorge nessuno), le ritmiche di basso-batteria si intrecciano perfettamente alle programmazioni, la voce di Daniela Paradiso fa il resto, encomiabile sia per timbro che per linee vocali. Vi piacciono i Planet Funk? Fate un salto su www.ndckaos.com, approfondite la conoscenza di questa band, ne vale davvero la pena.
LOU FUNK – TR.INCEA
L’intro “Onde sonore” contiene un campione tratto da “Fracchia la Belva Umana” con Lino Banfi. Questo già potrebbe bastare a farmi amare questo disco. Non sono un assiduo ascoltatore di rap ma l’abilità di Lou Funk nel tessere liriche argute (ma anche toccanti: “Dirsi addio”) e rime impeccabili parla da sè. L’obiettivo (colto) è quello di insinuarsi nelle menti dei benpensanti, anche a rischio di risultare scomodo o impopolare. Il funk, come ovvio, è cardinale, i beat e l’intero lavoro è “fatto in casa”, questo rende ancora più merito alla creatività e all’inventiva di Lou Funk. Tra i riferimenti stilistici può citarsi Frankie Hi-Nrg Mc.
WRONG WAY – ILLUSIONI
I Wrong Way presentano 4 tracce di rock fortemente influenzato dal prog anni Settanta e che strizza l’occhio ai Timoria di “Ritmo e dolore” (si ascolti “Notturno”) e “Viaggio senza vento” oppure alle Vibrazioni. I cinque ragazzi hanno registrato e prodotto il cd in proprio, tuttavia la padronanza strumentale, la voce sicura di Marco Dello Russo e la maturità degli arrangiamenti rende “Illusioni” un lavoro più convincente di tante altre produzioni altisonanti. Anche il lavoro sulle liriche è portato avanti con piena cognizione: la sostanza dei testi si concilia perfettamente con metriche non esattamente agevolate dal genere suonato e dalla lingua italiana. Bravi.
GRIPWEED – THE UNEXPECTED EP
Un anno e mezzo fa avevo recensito “A solid castle of sand” dei Gripweed sottolinenado il forte legame della band di Cristiano Rosa con la scuola elettro-wave. Effettivamente questo nuovo ep ribadisce quella netta propensione: si parte con “Sweet sweet sorrow”, pezzo di grande atmosfera in cui dominano le influenze dei Depeche Mode, nei synth e nei suoni di chitarra. Ma i Gripweed sanno anche far ballare: “Burst” in questo senso è un brano davvero “strategico”. Ma questo ep è un continuo alternarsi di brani rarefatti e brani più sostenuti: con “Theme from the…” infatti i bpm si rilassano per poi pulsare nuovamente nel post-punk di “I can be my wife”. Si chiude col mix decostruito di “Burst”. Un ulteriore passo avanti (l’intonazione vocale è nettamente migliorata) per una band dalle grandi potenzilaità e prospettive.
ALKEMIA – PROVINI 2005
I romani Alkemia fissano 10 pezzi del loro repertorio confermando ottime qualità e in fase compositiva e in fase esecutiva. L’impostazione vocale vive di improvvisi sussulti in falsetto che riportano alla mente Marta sui Tubi e Negramaro. Ma ciò che continua a sorprendermi degli Alkemia è l’assoluto agio con cui passano da atmosfere radiofoniche (“Amante”) a schitarrate potenti (“Tubi di colore”, “Certezze”). Pezzi come “Identità” o “Ingenuità” hanno refrain perfetti. Insomma, prevedo un futuro ad altissimi livelli.
LA MENADE – CONFLITTI E SOGNI
“Conflitti e sogni” esce per Load Up records, distribuzione Venus e contiene sei canzoni di potente impatto rock sguinzagliate da 4 ragazze romane: lo si capisce subito dal riff tagliente di “Inquietudine”, che apre il lavoro e si connota per un refrain immediatamente assimilabile (altrettanto efficace risulta essere quello di “La differenza”). La Menade è abile tuttavia nel rendere eterogenee le atmosfere: si pensi ad “H174 517” e al suo pulsare ritmico vagamente pop-wave Ottanta, oppure al riff heavy cadenzato di “Strane idee”. Non viene trascurato nemmeno l’approccio più lento ed emozionale (“Sei per me”), con punte di grazia testuale decisamente femminile e accentuate dall’intensa voce di Tatiana. Chiude il lavoro la strumentale “Wheeling”, uno psichedelico ibrido elettro-heavy rock. Consigliato caldamente a chi crede che il mondo del rock sia impenetrabile monopolio maschile.
HV – DI VERO NIENTE
Lo ripeterò, forse invano come altre volte: sarebbe opportuno inserire nel pacchetto postale con cui spedite il cd qualche nota sul gruppo (biografia, curriculum, rassegna stampa…). Passiamo a “Di vero niente”: rock, ora melodico, ora aggressivo, con voce femminile che decanta testi a volte davvero interessanti (e discutibili, nel senso che toccano punti su cui ogni convinzione può risultare opinabile: “Embrione”), spalmato su 9 tracce. Ascoltando “Di vero niente” emerge l’esigenza di fare cernita, concentrandosi sui pezzi più convincenti e meglio strutturati (“Di vero niente” o “Amata dea”, per esempio), mettendo invece da parte quelli meno ispirati che rischiano di appiattire l’intero lavoro a causa di un’esagerata ridondanza melodica. [Read more...]