BIORN, VICLARSEN, ABULICO, INVISIBLES, NIANDRA e NORMAVANA, DOBACARACOL

<BIORN – VERSO NORD
Nell’approcciarsi all’ascolto di un disco alle volte può capitare che, sommersi da una pioggia tempestosa di catalogazioni ed etichette, si corra il rischio di perdere di vista il concetto più basilare e diretto che ci possa essere: la bellezza delle canzoni. I romani Biorn, con “Verso nord”, forniscono un ottimo argomento per rafforzare tale riflessione. 5 bellissime canzoni, dalla melodia accattivante eppure mai scontata, con punte di vera e propria estasi sonora (“Verso nord”, “Nero”). Per gli inguaribili maniaci del “ma a chi assomigliano?”, potrei citare l’Angelini di “Respira”. Ma parliamo dei Biorn: apprezzabilissima la perizia con cui i Biorn impostano i bridge/refrain nella struttura compositiva, molto efficaci gli intrecci vocali e le chitarre acustiche ora portanti, ora sullo sfondo, ottime le distorsioni che definirei, paradossalmente, morbidissime. E poi, quel refrain di “Verso nord” che solleva dal suolo e ti porta lontano…
VICLARSEN – TRASPORTO
Esce per PmA records il secondo lavoro dei savonesi Viclarsen, registrato da Simone Filippi degli ormai sciolti Ustmamò, produzione artistica targata Olivier Manchion (Ulan Bator). L’attacco è affidato ad una chitarra acustica alla Springsteen/Pearl Jam, cui fa da contrappunto una solista elettrica sognante, pian piano sempre più claustrofobica e ciclica. E da subito si apprezza la cura dei suoni. Ma è con la seconda traccia, “50 corone”, che il pathos sgomita e si dibatte, tra echi di Massimo Volume, Santo Niente e Kleinkief, fino a sfociare in accenti quasi country-blues (ma alla maniera degli Uzeda), incipit per “Madame p”, brano sul cui magma noise si eleva la voce vibrante ed evocativa dell’ospite Patrizia Oliva. Si prosegue così, con un sound che farebbe la gioia di Steve Albini, Alec Empire (“Bandoneon”) e Les Claypool (“Rimane”, “Tre nuove stanze per la notte”) e che alle volte occhieggia alle atmosfere affrescate dai rimpianti Bartok. Un disco fitto di nervi ed elettricità.
ABULICO – DEMO
I quattro ragazzi degli Abulico, da Napoli, propongono una formula che prova a coniugare brit-pop, rock ed emo-core. L’aspetto più “delicato” di questa miscela si avvantaggia senz’altro della voce di Alessandro, timbrica alta, sicura e pulita (“Raining down””). Cambiano le atmosfere in “Feel” ed emergono prepotentemente le lezioni di Beatles e Manic Street Preachers. “Leave me out” invece sembra una b-side di “The Bends”. Citare tutti questi nomi significa in qualche maniera esprimere apprezzamento nei riguardi degli Abulico ma, al contempo, il suggerimento di cercare una strada il più originale possibile, potenzialmente immune da riferimenti praticamente senza via di scampo. In bocca al lupo.
INVISIBLES – DEMO N°9
Dalla Lombardia il quartetto degli Invisibles mi spedisce un cd che trasuda Inghilterra da ogni dove: liriche (“unico idioma che si riesce a sposare con questo genere”), sound, ispirazione, missaggio. L’impasto sonoro è garantito misurando sapientemente parti elettroniche, parte elettriche e parti acustiche. Il riferimento cardinale è il brit-pop degli Oasis e dei Blur, ma non passano inosservate alcune soluzioni di synth alla Charlatans, qualche passaggio vagamente funky e traiettorie vocali a metà strada tra Radiohead, U2 e Cranberries. “Away” è un brano molto radiofonico e ispirato, fortificato da una pronuncia perfetta e da una padronanza tecnica ineccepibile ma in realtà l’intero lotto è costruito per colpire al primo ascolto. L’obiettivo è colto.
NIANDRA/NORMAVANA – RIFLESSIONI
I Niandra (ex Latte +) suonano un punk melodico sensibilmente debitore nei confronti di Persiana Jones, Medusa ma, soprattutto, dei non più esistenti Shandon, sia nell’uso della voce, che negli innesti dei fiati. In questo ep/split sono presenti con 3 brani: “Jeremy” mette in mostra riff robusti e testi di rottura rispetto alle convenzioni comuni; “Sta per piovere” sembra un pezzo degli Shandon, direi a tratti esageratamente; “Stage fright” ha una melodia efficacissima, forte di un refrain che ronza facilmente in testa e soluzioni ritmiche stratificate ideali per trascinare il pubblico durante i concerti. I “Normavana”, autori degli altri 3 pezzi di questo ep, sono autori invece di un tiratissimo hard-core lontano però anni luce dai Negazione degli esordi. E’ certamente più “pop”, lascia spazio a linee vocali e soluzioni melodiche di facile presa. Basti ascoltare il riff iniziale di “Disposti a tutto” o l’attacco di “Saranno guai”, dal profumo intenso di Prozac +.
DOBACARACOL – SOLEY
La chiamano “world music”, definizone in verità alquanto spiazzante, nata anche grazie al lavoro paziente e pionieristico della Real World di Peter Gabriel. Dipende, infatti, dai punti di vista. Nel reparto cd di un grande negozio italiano potrebbe essere così catalogata la musica di DiBango, Fela Kuti, Salif Keita o Mory Kante. Ma in quei paesi potremmo ritrovarvi i Pooh o Gianni Morandi. Passiamo alle Dobacaracol (le francesi Doriane Fabreg e Carole Facal): intraprendono il loro viaggio forti di due voci multiformi ed acrobatiche nel lontano 1998, subito arricchendo il proprio bagaglio musicale con l’interpretazione di canti tradizionali africani e sudamericani e passando per numerosi e importanti festival internazionali (Spa e Montreal, Festival Internazionale di Louisiane, Coup de coeur Francophone…). Nelle 12 tracce di questo bellissimo disco si avvertono le influenze di Monique Seka e dell’africano Alpha Blondy (con il quale le Dobacaracol hanno suonato). Brani come “Baiser salè” e “Etrange” sono deliziosi quadretti amabilmente dipinti da delicate chitarre acustiche, percussioni mai invadenti, discreti innesti elettronici, voci che sono carezze al cuore. Complimenti.