Author Archives: Vanni La Guardia

JOLAURLO – IN MEDIATA MENTE

”InMediataMente” possiede una dote rara e formidabile: sapere sorridere delle difficoltà e ritrovare proprio nel sorriso le energie per dipingere un nuovo giorno. Sempre con il cuore in mano.

Questo disco e’ istinto e rabbia, ironia e poesia. E’ l’urlo lanciato dopo aver raggiunto la cima della montagna delle nostre crisi, delle nostre illusioni, del nostro disincanto. Per poi scendere giu’ come frana inarrestabile e travolgente.
Lo senti tra le corde nervose delle chitarre, nei boati della sezione ritmica, nelle danze sfrenate scatenate da synth che colorano sorrisi e rivolte, in una voce dolcemente avvelenata, un po’
Rettore, un po’ Turci, un po’ Eva/Prozac +.
D’altronde canzoni nate in tour, registrate come fossero live, con le riverberazioni naturali garantite dal “The Cave studio” di Catania, non possono non rappresentare l’urgente immediatezza di comunicare il disagio di una generazione del “no future”, questa volta pero’ senza cosciente (cool?) scelta nichilistico-filosofica.
Jolaurlo propongono una possibile risposta: tutto e’ liquido e flessibile? Bene, allora liberiamoci dalle aspettative e lasciamo ai nostri percorsi la liberta’ di inerpicarsi in sentieri che rispondono al nome di “sorpresa” e “passione”.
Ecco dunque “Periodo di crisi” e “Immediatamente”, li’ ad aprire le danze con il loro irresistibile mix di distorsioni rockettare (al limite del punk) e melodie elettro-pop; lo zigzagare del sentimento amoroso descritto nella suggestiva “Danza infedele”; il rock vagamente Elastica di “Poesia inutile”; la melodia semplice e accattivante di “Maggio”, il cui ritornello in dialetto pugliese risulta particolarmente felice, e cosi’ via, passando per quello che e’ diventato un vero e proprio inno dei loro live (che vi consiglio caldamente, saranno al Cube/Demode’ Club di Bari, il 7 dicembre), ossia “Maria TV”, in cui si descrive con impietosa ironia l’assuefazione a cui l’accoppiata religione/tv puo’ costringere; fino alla chiusura di “Finira’”, ben calibrata tra ska, reggae, pop e rock.
”InMediataMente” possiede una dote rara e formidabile: sapere sorridere delle difficoltà e ritrovare proprio nel sorriso le energie per dipingere un nuovo giorno. Sempre con il cuore in mano. [Read more...]

ALIBIA – TRA TUTTO E NIENTE

Quasi un decennio di attività; varie affermazioni in manifestazioni prestigiose (Arezzo Wave, Rock Targato Italia…); il titolo di “miglior band emergente del 2003” assegnato da Musica! di Repubblica; un bel disco alle spalle (“Confini” del 2004, anch’esso recensito in questo spazio); la collaborazione con Giacomo Fiorenza (già al lavoro con Moltheni, Offlaga Disco Pax, Paolo Benvegnù…) per il nuovo “Tra tutto e niente”; due belle realtà come Compagnia Nuove Indye e Venus alle spalle… sono tutte premesse che attirano grande attenzione attorno agli Alibia.
In copertina la foto di un maglione, a rappresentare morbida protezione e calore al guado degli eventi della vita, troppo spesso danzanti sul confine tra pieno e vuoto, assenza e presenza… tutto e niente: le liriche s’intrecciano a questo leitmotiv, facendo di questo lavoro una sorta di concept-album.
Ascoltando le prime note di piano della canzone d’apertura di “Tra tutto e niente”, “L’attesa”, ritrovo tracce che portano dritte a “In continuo movimento” (“Come l’aria”, in particolare) dei Tiromancino, disco che considero particolarmente riuscito grazie alla incantevole commistione tra le melodie ora dolci ora sapientemente elettrificate di Zampaglione, la creatività elettronica di Andrea Pesce e il contributo letterario fornito da Adelchi Battista.
Questo richiamo non suoni come uno svilimento del sestetto campano, chè tutti lo sanno: difficile essere originali al 100%, impossibile non far emergere suggestioni e influenze di ascolti più o meno giovanili, bla bla bla… la sfida è rielaborare in chiave personale; se poi ci sono anche contenuti, qualità e spessore (e il cantato in italiano per il sottoscritto è notevole valore aggiunto), tanto meglio. In questo gli Alibia riescono molto bene, non c’è ombra di dubbio
“Mondocellofan”, seconda traccia, arriva dritta al cuore con il suo impasto riuscitissimo di chitarre e piano e con una gestione delle voci maschile/femminile che omaggia gli Scisma, la cui eleganza fa da spina dorsale alle 12 tracce di “Tra tutto e niente”.
Il pathos aumenta ancora con “I compiti di francese”: melodie efficacissime, un refrain mozzafiato e suoni vellutati che strizzano l’occhio ai Baustelle.
E così via, dalla malia di “Un grande niente” in cui la voce di Massimo Bonelli vibra nell’aria, le chitarre, come soffici fendenti (in un ossimoro voluto), ricordano qualcosa dei Mambassa, risultano cardinali e deliziosi i ricami melodici del piano e ottime le ripartenze; passando per l’energia coinvolgente di “Va tutto bene”; per la sbilenca e variopinta “Solo favole”; per l’ispiratissima e rockettara “L’errore”; per le sperimentazioni elettroniche di “Mai più” (ancora un richiamo ai Tiromancino di “Tutto intorno a noi” o “Polvere”); finendo al suono-carillon e agli archi soavi di “Bambina”.
Per concludere, un disco maturo e riuscito, a tratti davvero splendidamente, per una band che ormai può dirsi definitivamente affrancata dalla logorante etichetta di “emergente”. E se, come dicono quelli che se ne intendono, il mainstream, in tempo di myspace e roba simile, è destinato a sparire, quella che attende gli Alibia non potrà che essere, a pieno merito, una macro-nicchia. [Read more...]

Tecnosospiri, Plastica, Almavenus, Ninive, FFD, Coda di lupo, Alessandro Del Vescovo, Fabio Guercio

.TECNOSOSPIRI – IN CONFIDENZA
Esce per Cinico Disincanto, distribuzione Tre Lune Records, “In confidenza” dei Tecnosospiri. La produzione è di Fabrizio Brocchieri, la produzione artistica è curata da Amerigo Verardi (già al lavoro con i Baustelle): queste collaborazioni non possono che giovare alle 11 tracce.
Pop-rock elegante, raffinato, che all’ascolto solleva qualche metro dal suolo e fa fluttuare tra suoni vellutati e parole delicate e profonde. Più di qualcosa, compresa la scelta di alcuni effetti applicati alla voce, mi riporta alla mente i disciolti Scisma, per l’appunto una band con classe da vendere. Complimenti.
PLASTICA – LIVELLO 1
La produzione di Marco Messina si sente tutta. Le suggestioni sono innanzitutto quelle di Bluvertigo, Soerba, Planet Funk, in secondo ordine Subsonica e Nous, ma non mancano passaggi che portano dritti alla scuola dei “nuovi” cantautori (Sinigallia o Pacifico, per esempio).
“Alta tensione” ha un refrain bellissimo ma in verità tutto “Livello 1” è un gradevole viaggio gonfio di tastiere dilatate, pulsioni ritmiche ipnotiche, bassi liquidi e ritornelli azzeccati. Bel lavoro davvero.
ALMAVENUS – ALTERNATYWA
9 tracce di rock, ora robusto e trascinante, ora rallentato e suggestivo, sempre efficacemente contaminato da adeguate dosi di elettronica, non estraneo a brevi excursus in altre generi (penso alla chitarra reggae di “Onore” o alle divagazioni funky di “Solo io”), questo è “Alternatywa”, ultimo lavoro degli a me già noti Almavenus.
I testi sono ispirati dalla situazione politica italiana, desolante e corrotta (“Resta il sole”, “Sporco denaro”), ottimo il lavoro delle chitarre, sia a livello di sound che di esecuzione/arrangiamento (“Stupida sera”). Potrei trovare un riferimento nei Timoria della seconda metà dei Novanta, ma questo non basta, gli Almavenus hanno messo a frutto anni di esperienza ricavandosi un percorso originale e affascinante.
NINIVE – IOES
Mi era già capitato di incontrare i Ninive un paio di anni fa o poco meno. Ascolto il nuovo lavoro, “Ioes”, e registro i notevoli miglioramenti del quartetto molisano, a cominciare dalla scelta dei suoni e dall’esecuzione.
“Margharet” resta un gran pezzo, gioia pura per tutti gli amanti del dark/goth. In altri frangenti, invece, si avvertono piccole carenze in fase compositiva e di arrangiamento che però restano dettagli rispetto alla validità del lavoro nel complesso.
FFD – KUORE RIBELLE
Gli FFD suonano punk. Lo si capisce già da quella “K” nel titolo. Il problema è che non fanno nulla per aggiungere uno straccio di novità a quanto già sentito e strasentito. “Kuore ribelle” è un minestrone fatto di Shandon (“Cheap songs for broken hearts”, “I’m a junk”, “Che male c’è”), Sex Pistols (“But not my age”), Punkreas (“Penso a te”, “Sono storie”), Blink 182 (“Valeria”, “But not my age”), Ramones (“Tornare a scuola”)…
Questo non significa che “Kuore ribelle” sia un brutto album, anzi si fa ascoltare con piacere, contraddistinguendosi per sonorità e ritmiche coinvolgenti e divertenti. D’altronde Sugar e Warner non scelgono mai nulla per caso.
CODA DI LUPO – IL PRIMO PASSO
Se la luccicante stagione dell’hard-core italiano degli Ottanta volesse individuare i frutti dei semi dipersi allora non potrebbe non bussare alla porta dei Coda di lupo, validissima band proveniente dalla Valle d’Aosta.
“Il primo passo” contiene 11 brani roventi e socialmente impegnati (“Uomini bomba”) ma non mancano momenti di pathos intenso (“Rovine”). Lo spirito continua…
ALESSANDRO DEL VESCOVO – POSTMODERNI
Musicista rietino particolarmente eclettico, Alessandro Del Vescovo propone un lavoro di 9 tracce in bilico tra rock ed elettro-pop. Tra gli episodi più riusciti “Ero” (tra Gazzè e Bluvertigo) e “Speedy gun” (in cui ritroviamo piacevolissime sonorità anni Settanta).
“Postmoderni” è di certo un bel cd, tuttavia alle volte risulta penalizzato da una certa ripetitività negli arrangiamenti e nelle soluzioni ritmiche (in formazione figurano solo Alessandro e Guido Del Vecchio, i quali si dividono tra voce, cori, chitarre e programmazioni).
FABIO GUERCIO – ELETTRICAMENTEACUSTICO
Eccellente chitarrista (nel suo curriculum figurano seminari con M. Solieri, Coryell, H. Bullock, J. Batten e maestri del calibro di C. Verheyen e G. Howe), Fabio Guercio produce il suo primo cd solista nel settembre 2006: “Elettricamenteacustico”.
7 tracce strumentali in cui risulano evidenti e ben legate tutte le influenze che compongono il suo background: blues, fusion, rock, funky e folk. Episodi come “Song for” o “Mafalda” sono particolarmente ammalianti, musica che si fa seta morbida e avvolgente. [Read more...]

Post Contemporary Corporation, Kamish, Antinomia, Spleen Caress, Nothin2lose

.Post contemporary corporation – Gerarchia ordine disciplina
Letteratura da ballo: è il genere fondato dai PCC, nonchè missione che ha spinto, tra gli altri, Dario Parisini (chitarrista, ex Disciplinatha e Massimo Volume, attore in diversi film di Avati e Ferrario), Valerio Zekkini (autore e declamatore dei testi, lussurioso e antiumano frontman) e Luca Oleastri (autore delle partiture elettroniche ma anche pittore digitale) a intrecciare percorsi culturali così diversi da risultare perfettamente complementari nel determinare l’incendio vorticoso di elettro-rock, sperimentazione e testi molesti e irridenti scatenato da questo cd.
“Manifesto di fondazione del futurismo” (sì, proprio quello di Marinetti) apre il cd e, forte di una alternanza pressochè impeccabile tra il noto “chitarrismo” di Parisini e vibranti geometrie elettroniche, lascia il segno.
Di qui in avanti, però, è Zekkini a impadronirsi della scrittura e a scagliare parole-sberleffo come punteruoli di roccia dura. Dubito che si possa restare impassibili, salvo avanzare l’ipotesi di un blocco dovuto all’imbarazzo di sentirsi un po’ coinvolti nella sprezzante descrizione di una società “bavosa e flatulente” piena di “gente che si fa le seghe con dei calendari”.
Kamish – Gold shower ep
Sex Pistols, White Rose Movement e Sonic Youth salterellano allegramente prendendosi a turno sotto braccio tra le sbilenche sferzate elettriche di questo ep.
Una voce a tratti delirante s’insinua tra bassi distorti e grasse ritmiche che in pezzi come “Too clever” o “From father to son” si colorano leggermente di blues’n’roll diventando irresistibili.
Se amate i gruppi sopracitati fate vostro questo Gold shower ep, ne è certamente all’altezza.
Antinomia – L’algebra del bisogno
Indie-rock: cosa vi dice? Agli Antinomia suggerisce un intro strumentale, “Bucine”, che è un manifesto del sound che seguirà nelle altre 5 tracce.
Distorsioni trascinate fino a feedback roboanti, batteria percossa coem fosse tempesta, voce e testi un po’ troppo Verdena. E qui sorge il problema di questa “Algebra del bisogno”: l’originalità. E’ un discorso vecchio, ma sempre valido, almeno in forma di tentativo. I riff di “Gdl” o “Drive in” per esempio non vanno in questa direzione.
Una maggiore ricerca e ascolti massimamente eterogenei non potrebbero far altro che giovare al sound e alla personalità del trio fiorentino.
Spleen Caress – Filantropia
Anche Filantropia viene presentato in forma di ep. Spleen Caress è un nome non nuovo per sulpalco. Evidenti i richiami a Mogwai e Sigur Ros, ancor più che ai Depeche Mode: avverto infatti che la dose rock d’atmosfera/cantautorale ha preso più spazio rispetto agli innesti elettronici e sintetizzati. E i risultati sono molto buoni.
Da rivedere alcune intonazioni vocali ma sono dettagli rispetto alle suggestioni di brani quali “Mojito” o “Speranze e ricordi”.
Nothin2lose – …faith?
Sin dalla copertina (signorina dallo sguardo languido e dalle tette che si affacciano generose da un giubbottino semi-aperto) i Nothin2lose comunicano la propria matrice musicale: hard rock/glam che fa l’occhietto a Bon Jovi, Poison, Europe.
La decennale esperienza del quintetto pugliese traspare da ognuna di queste tracce: voce sicura e perfetta per il sound dei Nothin2lose (con annessi cori e doppie voci), chitarre limpide e taglienti, sezione ritmica precisa.
L’alternanza di brani più sostenuti (molto efficace “Faith beneath the sky”) e di ballate (“Tears like rain”) funziona, nel pieno rispetto dei canoni del genere in questione. [Read more...]

Francesco Cacciapaglia, Devocka, Daniele Dall’Omo, Gabriele Bellini

.FRANCESCO CACCIAPAGLIA – MEMORIE
Dalle ceneri degli Aistesis prende avvio il percorso solista di Francesco Cacciapaglia, talentuoso cantautore barese. Senz’altro l’eseprienza in quella band ormai sciolta è servita a Francesco per mettere a fuoco e superare brillantemente errori e acerbe fragilità. “Memorie” si presenta difatti come un lavoro davvero maturo, ottimamente suonato e denso di melodie variegate e suadenti.
Non è affatto agevole orientarsi nel mare dei possibili riferimenti, posso però accennare al fatto che a livello vocale i progressi di Cacciapaglia sono lampanti: un mix tra Renga, Venuti e Finardi che dimostra una sicurezza nella timbrica e nell’intonazione non da molti, merito anche delle lezioni del mezzosoprano lirico Tiziana Portoghese. Reclama attenzione il gran lavoro in fase di arrangiamento svolto dal maestro Michele Campobasso (pianista diplomato in composizione e docente di musica elettronica e da film) e dai musicisti che hanno preso parte alle registrazioni (su tutti si cita la partecipazione di Rocco Zifarelli, già collaboratore di Cristaino De Andrè e Ivano Fossati).
8 tracce che spaziano dal rock mediterraneo alla bossanova, passando dal pop.
Apre “Sirena” con una chitarra vagamente Radiodervish, pezzo che è immediata dichiarazione d’intenti: questa è musica solare, elegantemente nobilitata da archi sintetizzati, curiosamente e efficacemente accostati a improvvise aperture ritmiche che richiamano i Ridillo.
Segue “Un passo all’istante” e ogni dubbio viene fugato rispetto al fatto che Francesco fa della parola un mezzo di comunicazione non banale, direi anzi che a tratti esemplare è il connubio tra l’intensità del contenuto lirico e la necessità di veicolare il proprio lavoro in maniera non insensatamente ricercata, se non elitaria.
Dopo due pezzi costruiti attorno all’esperienza dell’amore latamente inteso, arriva “Orone'”: denuncia che parte dai fatti dell’11 settembre per arrivare a prendere coscienza della pavida standardizzazione a cui troppe persone condannano la propria vita.
“Mediterranea” è il singolo di “Memorie”: perfetta struttura di strofa, bridge e refrain irresistibile e testo incentrato sul concetto di libertà (e capacità di difenderla spiccando il volo).
Ritorna l’amore con “La meraviglia”, probabilmente la canzone che con maggiore probabilità potrà fare presa su un pubblico “radiofonico” .
“Ibrido” attira la mia attenzione per la tematica trattata: la difficoltà di ricercare propri percorsi senza necessariamente dovere sottostare a volontà esterne e potenti. Situazione con la quale moltissimi, prima o poi, devono fare i conti. Sarà facile identificarsi nelle belle parole di questo testo.
Chiudono “Dipinto col dubbio” (amore cantato a quattr’occhi) e “Memorie”. Quest’ultima schiude il senso dell’intero lavoro (il cui titolo contraddistingue anche il primo romanzo di Cacciapaglia): vivere la propria vita intensamente, fino in fondo, spargendo il seme delle poesia per lasciare un segno del proprio passaggio. Mi soccorre una canzone degli Yo Yo Mundi che diceva così: “Si vive soltanto per non essere dimenticati”.
Raramente mi è capitato di ascoltare un disco autoprodotto di così alta qualità, formale e sostanziale. Quel che manca, adesso, è la chiusura di un accordo con una grossa produzione/distribuzione, premio per un investimento di denaro ed energie fuori dal comune.
DEVOCKA – NON SENTO QUASI PIU’
Esce per CNI/Delta Italiana (distribuzione Venus) “Non sento quasi più” dei ferraresi Devocka.
“Noise vs” apre il disco e inchioda l’ascoltatore a un concetto semplice e diretto: questo è rumoroso, incendiario indie-rock che ora sbanda verso il punk, ora verso il grunge, ora verso il crossover.
Eppure sorprende la successiva “Marzo”: ha una dolcezza tutta sua, con la doppia voce femminile di Cora e un ritornello su denso riff distorto e cadenzato che ammalia, emoziona, si fa ricordare.
Il parlato teso e inquieto di Tosi si fa apprezzare nella quarta traccia, “L’eco del tempo”, intrecciandosi efficacemente al cantato, nuovamente arricchito dagli interventi di Cora. Ma i Devocka riservano la parte conclusiva di “Non sento quasi più” alle composizioni più spigolose e claustofobiche: “Modo d’essere”, “Vecchio bavoso”, “Controllo” e “Dormidormidormi” richiamano le lezioni di Umberto Palazzo e Giorgio Canali.
Chiude “Nota uniforme” (presente anche come traccia video) e quel che resta è molto più che un’impressione: “Non sento quasi più” è un ottimo disco, i Devocka una band che trasuda urgenza comunicativa e pulsa di rabbia al vetriolo.
DANIELE DALL’OMO – IL POETA E L’AMORE
Il musicista bolognese Daniele Dall’Omo presenta 10 canzoni in cui s’incrociano le influenze di Caputo, Buscaglione e Paolo Conte (con cui ha collaborato), habitat perfetto per una voce dalle timbriche alle volte assai vicine a quelle di Fossati.
L’esperienza è tanta, dalle partecipazioni a festival Internazionali (tra cui Montreaux, Nizza, Montreal, Den Haag, JVC Jazz Festival a New York), alle collaborazioni alle incisioni di 900 (1992), Tourne’ (1993), Una Faccia in Prestito (1995),Tourne’ 2 (1997), Razmataz (2000), Reveris (2002), Elegia (2004).
La padronanza tecnica permette a Dall’Omo di passare con estrema disinvoltura dal tango (“Ultimo tango”) al jazz, dal latin-pop (“Movida”) al cantautorale, alla festa da banda (“Tarzan da città”, vicina per struttura e intenzioni ai Folkabbestia). I testi contribuiscono a tenere alta l’attenzione dell’ascoltare, grazie all’ironia (“La ragazza straniera”) e all’attitudine da cantastorie dell’autore. E difatti sono sue le seguenti parole: “Credo che uno spettacolo deve far riflettere (ma non troppo), caricare (ma non poco), divertire (più di tanto) e come una bella donna deve essere armonioso in tutte le sue forme”.
Disco piacevole e di gran classe.
GABRIELE BELLINI – PRIMO ACUSTICO SHOCK ELETTRICO
Bellini a 15 anni forma il primo gruppo: da lì prende avvio una carriera densa di esperienze, progetti, collaborazioni, culminata in questo disco ambiziosissimo, considerata la mole di partecipazioni, ognuna delle quali porta con sè le proprie sensibilità e quindi il problema di una ricomposizione sintetica sufficientemente omogenea. Devo dire che, tutto sommato, il risultato è raggiunto.
C’è, come ovvio, una vera e propria costellazione di richiami, alcuni dei quali convivono in una stessa canzone (è il caso di “Resta poco da dire”, in bilico tra Tiromancino e Bertallot). E’ affascinante l’incrocio di synth, elettriche ed acustiche, armonica e pianoforte, suoni orientaleggianti, sprazzi funky-rock e jazz. Alle volte ci si ritrova storditi da cascate di riff nervosi e graffianti (“Fading away”), altre incantati da blues scoppiettanti rasserenati da improvvisi violini (“DROC”), altre ancora cullati da suoni dilatati e quasi new age (“Albatross”) o immersi in lunghi viaggi strumentali vagamente Ozric Tentacles (“Contatto sia”).
Un viaggio lungo 16 tracce. [Read more...]