Robben Ford, il live all’Auditorium Manzoni

Bologna – 14 novembre 2018. La sala del Teatro Auditorium Manzoni, manco a dirlo, è gremita di chitarristi e appassionati. Sbirciano curiosi in direzione del palco, commentando con un filo d’invidia la strumentazione prima dell’inizio del concerto. “Ci sono due chitarre!”, “… Ma suonerà lui la Telecaster?”, si sente bisbigliare.

Poi le luci si abbassano e finalmente Robben Ford sale sul palco accompagnato da tre giovani e talentuosi musicisti: Casey Wasner (chitarra), Ryan Madora (basso) e Derrek Phillips (batteria).

In oltre quarant’anni di carriera, il musicista e compositore statunitense – consacrato chitarrista di fama mondiale dopo il tour con Miles Davies nel 1986 – ha un vasto repertorio al quale attingere: trentacinque album, tra i dischi solisti e quelli registrati insieme alle band con cui ha collaborato. Non ultimi gli Yellowjackets, di cui fu uno dei membri fondatori.

La selezione di brani in scaletta non fa che confermare l’eclettismo e la versatilità del chitarrista cinque volte candidato ai Grammy, rendendo impossibile etichettarlo in un unico genere. Certo, Robben Ford sa suonare (e cantare) il blues con grande classe, ma è pure capace di esprimersi con sonorità diverse, passando in modo estremamente naturale dal jazz alla fusion, dal rock al funky.

Non è un caso se Ford può vantare una varietà disarmante di collaborazioni in studio o dal vivo, tutte eccellenti: oltre ai già citati Miles Davis e Yellowjackets, ricordiamo anche quella con Joni Mitchell, Jimmy Witherspoon e John Mayall, George Harrison, Bob Dylan, John Scofield e molti altri.

D’altra parte Robben ha avuto la fortuna di crescere in California alla fine degli anni Sessanta, nell’epoca d’oro della chitarra elettrica, e di vedere dal vivo musicisti come Jimi Hendrix, Eric Clapton, i Cream, i Led Zeppelin, Albert King e B.B. King, di cui, durante il live al Manzoni, regala una cover spettacolare.

La differenza la fa il suono e il suono – come mi ricorda un amico chitarrista – passa sempre dalle mani. Quelle di Robben sono le mani di uno dei cento chitarristi più grandi del XX secolo, secondo la rivista “Musician”. C’è un perché se il pubblico ha chiesto per tre volte il bis.