The Dust I Own, intervista ad Andrea Laino

Il tintinnare del ghiaccio nei bicchieri, un eco di tuoni in lontananza, un magnetico riff di slide guitar e – senza darti il tempo di accorgertene – la prima traccia, intitolata “Bo Weavil”, ti ha già trascinato lungo una strada polverosa alle radici del blues, sulle sponde del Mississippi. The Dust I Own è un eccellente album d’esordio per Laino & Broken Seeds (dopo il primo EP, autoprodotto nel 2014), band composta essenzialmente da Andrea Laino (chitarra e voce) e da Gaetano Alfonsi (percussioni ed effetti), cui si è aggiunta di recente la contrabbassista Francesca Alinovi. Al disco, uscito nel 2017 per l’etichetta tedesca Off Label Records, hanno collaborato inoltre una serie di musicisti di talento, come la cantante Eloisa Atti, il chitarrista Alessio “Poor Bob” Maglioccheti Lombi e Mauro Ottolini al sousafono.

Il risultato è un blues carnale, esplosivo e raffinato, che attinge alla tradizione dei bluesman anni Trenta e Quaranta (a partire dal capostipite Robert Johnson) e allo stesso tempo a quella dei grandi songwriter americani, primo tra tutti Tom Waits. Fino a sfociare a volte nell’alternative rock (a me, ad esempio, alcune sonorità ricordano i Black Rebel Motorcycle Club degli inizi). Il risultato è un disco dal suono pieno, ricco di groove, a volte acustico, a volte elettrico e distorto. E mai banale, grazie all’impiego di strumenti peculiari e vintage, come la chitarra resofonica anni Venti, il sousafono dei gruppi dixieland o il diddley-bow (uno strumento a corda d’origine africana). Aggiungete a questo che la musica dei Broken Seeds è sì una musica pensata per la strada, ma che anche in cuffia rende un bel po’ da quanto è curata, e il quadro è completo. Con un cameo a chiudere l’album: la cover del bellissimo brano di Mississippi John Hurt, “Pay Day”.

Abbiamo avuto occasione di scambiare quattro chiacchiere con Andrea Laino su questo progetto: ecco cosa è venuto fuori.

 

Ciao Andrea, cominciamo con una domanda di rito. Com’è nato il progetto “Laino & Broken Seeds”?

Ciao Chiara, mi fa sempre piacere parlare di come è cominciato tutto. Era l’estate del 2013, quando decisi di andare a New York City, una città che per me è stata sempre ricca di significato, di storia della musica, dal jazz alla sperimentazione. Infatti ci andai proprio perché quell’anno era il 60° compleanno di John Zorn! In tutta la città, per alcune settimane, ci furono concerti di musica improvvisata e sperimentale. Suonava anche il chitarrista Fred Frith, un riferimento per me da lungo tempo.

Quello che non avevo calcolato è che in una città come New York è facilissimo perdersi… letteralmente. O ri-trovarsi, a seconda dei punti di vista. Così, dai piccoli club senza aria condizionata dove si andava ad ascoltare Frith e Laurie Anderson improvvisare per ore, sono finito allo Smoke Jazz Club, a sentire SaRon Crenshaw al Terra Blues, a fare amicizia con perfetti sconosciuti al bancone, a scoprire per caso che quel giorno c’era l’Annual Washington Square Park Folk Festival, godendomi i pezzi al banjo di Hubert J. Jenkins dei Carolina Chocolate Drops.

Capii allora che la musica che volevo fare era un’altra. Tornato in Italia iniziai a scrivere canzoni su una chitarra resofonica e a provarle per strada.

Il nome richiama alla memoria quello della band di Nick Cave con i Bad Seeds. Ogni riferimento è puramente casuale o quest’eco è intenzionale?

Nick Cave è sicuramente un’influenza per me, ma minore rispetto ad altre. Il nome della band è nato in modo un po’ ironico, quando in sala prove ci trovavamo a parlare di tutti i casini della vita e di come eravamo “spaccati”. Ecco, lì mi è venuta l’idea del seme rotto. Che nonostante tutto può far nascere qualcosa.

Hai iniziato suonando la chitarra per le strade di Bologna. Da busker al tuo ultimo album “The Dust I Own”, in che direzione pensi stia andando la tua carriera?

Sicuramente il progetto sta crescendo. Ho trovato dei musicisti eccezionali con cui lavorare a Bologna. Gaetano Alfonsi alla batteria è stato una fucina di idee in questi anni e mi ha dato molti buoni consigli su come procedere. Grazie a lui ho avuto la possibilità di incontrare un talento pazzesco: Mauro Ottolini. Il disco infatti vede la sua partecipazione al sousaphone, uno strumento usato nella musica di New Orleans, la città che merita di essere citata per la sua tradizione musicale, a cui tanto deve la nostra band, oltre a New York.

“The Dust I Own” è il tuo primo full album. Ti va di parlarcene un po’?

Dopo l’EP autoprodotto uscito nel 2014 l’anno scorso è stato pubblicato per Off Label Records – un’etichetta discografica indipendente tedesca – “The Dust I Own”. Sono molto orgoglioso di questo traguardo. Sia per le canzoni che negli anni sono cresciute, sia per come è stato accolto dalla critica. Praticamente ne hanno parlato tutti, dalle riviste di musica ai quotidiani nazioni e alla stampa internazionale. È stato mixato a New York da J.D. Foster, il produttore che ha collaborato con Marc Ribot, Lucinda Williams, i Calexico, ma anche con Vinicio Capossela e Il Pan Del Diavolo.

Le tue sonorità affondano le radici nel folk, nel blues. Nelle strade polverose d’America, appunto. Come ti sei avvicinato a questo genere di musica? Cosa significa “Blues” per Laino?

È stato mio padre a farmi conoscere il blues e il rock. Da Bob Dylan ai Rolling Stones, a John Lennon… Ho avuto dei buoni input fin da bambino. Poi ho scoperto da me Albert King, Johnny Winter, Muddy Waters, SRV, Jimi Hendrix.

Quali sono i tuoi riferimenti? C’è qualche musicista a cui sei particolarmente affezionato?

Oltre a quelli già menzionati, sì. Come cantautore non posso non citare Tom Waits, Lucinda Williams, Bob Dylan, ma anche i contemporanei The Barr Brothers, Luke Winslow-King, Grayson Capps, C.W. Stoneking.

Trovo molto interessante la tua sperimentazione con strumenti musicali non comuni, come il diddley-bow e la kalimba. Vuoi parlarci di questo tuo percorso di ricerca del suono?

Trovo interessante scoprire cosa uno strumento ha da raccontare. Sia esso vintage, etnico o auto-costruito come il diddley-bow. Sono curioso di scoprire la sua voce segreta, come riesce a ispirarmi musica che fino a pochi istanti prima non avrei immaginato di poter fare. Mi piace mettermi in gioco sul momento, con quello che si ha a disposizione: una sola corda, come nel caso del diddley-bow, o le limitazioni di uno strumento vintage. Come ha detto Buddy Guy, “il suono che scegli è come la tua faccia”. Per questo io e la mia band siamo molto attenti alla scelta delle nostre sonorità.

Hai suonato sia in Italia che all’estero? Cosa pensi della scena musicale italiana?

All’estero non ho ancora suonato con questo gruppo. Stiamo cercando di organizzare un tour in primavera tra la Germania e l’Austria. La scena italiana e le sue difficoltà credo siano relative, come quelle che si trovano in altri Paesi. Non ritengo però di avere avuto esperienze esemplari, da poter fare confronti. A volte viene da pensare che in altri Paesi europei ci sia più attenzione per certi generi musicali. Basta vedere le “rotte” dei tour di molti artisti europei e americani. A parte alcune eccezioni, non toccano l’Italia.

Quali sono i tuoi progetti per l’immediato futuro? Puoi darci qualche anticipazione?

Oltre al tour, c’è nuovo materiale in cantiere e una proficua collaborazione con la contrabbassista Francesca Alinovi, che è entrata a far parte del gruppo qualche mese fa. Con lei stiamo facendo tutti gli ultimi concerti e ci troviamo molto bene. Sa dare un contributo forte alla band.

Hai un ultimo messaggio per i nostri lettori?

Certo! Andate ad ascoltarvi “The Dust I Own” su laino.bandcamp.com. Se vi piace potete anche acquistarlo. Oltre al sito www.andrealaino.com, c’è la nostra pagina facebook, attraverso cui è facile interagire con noi, per fissare date live o semplicemente per tenere d’occhio le novità sulla band.

 

Photo Credits: Indofunk Satishwww.indofunksatish.com

INFO:

Artista: Laino & Broken Seeds

Album: The Dust I Own

Etichetta: Off Label Records

Anno: 2017

Tracklist:

  1. Bo Weavil
  2. Boogie Tale
  3. Fate of a Gambler
  4. Old Tape of Memories
  5. The Dust I Own
  6. On the Wood
  7. What Once Was Dead
  8. Can’t wake Myself Up
  9. Pay Day

 

CONTATTI:

Web: www.andrealaino.com

Bandcamp: laino.bandcamp.com

Facebook: www.facebook.com/lainobrokenseeds

 

Per i lettori bolognesi, l’articolo su Laino & Broken Seeds sarà pubblicato prossimamente anche sul magazine PILOTA