Intervista a Terje Nordgarden, songwriter indie-folk

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Quando arriviamo a L’Altro Spazio, il soundcheck è appena cominciato. Sul palco Terje Nordgarden sta accordando la chitarra e provando i volumi. Nonostante da qualche anno sia tornato a vivere a Oslo, il cantautore norvegese in Italia è di casa. Dopo aver cominciato la sua carriera come busker proprio nel nostro Paese, Terje ha bazzicato per anni la scena indie italiana, collaborando con musicisti come Paolo Benvegnù e Cesare Basile.

Il pretesto per tornare a Bologna è il live – organizzato il 10 marzo scorso dall’etichetta indipendente La Fabbrica, all’interno della rassegna “La Fabbrica Live” – per presentare il singolo “You must be the change”, che anticipa di circa sei mesi l’uscita del nuovo album. Ci raggiunge nel retro del locale per fare due chiacchiere prima del concerto.

So che hai cominciato la tua carriera dalla strada, suonando come busker. Dove?

In via Zamboni…

Davvero? Eri qui a Bologna?

Sì… Sono arrivato a Bologna nel febbraio del 2000, poi mi sono trasferito a Firenze e, successivamente, in Sicilia.

Cosa porti con te di quel periodo?

Mah… il busking è stata una buona scuola. Suonare per strada, suonare sotto i portici, sfruttando un’acustica, per così dire, naturale. È stato un buon modo di cominciare, una buona partenza… Per imparare a suonare, a usare la voce. Per entrare in contatto con il pubblico, anche. Comunicare con chi passava per strada… Sì, è stata proprio una buona scuola!

Facevi già pezzi originali oppure cover?

Entrambe le cose. In quel periodo era uscito il primo disco dei Coldplay, “Parachutes”. Mi ricordo che suonavo i loro pezzi…

Come ti sei avvicinato alla scena indie italiana? Com’è cominciata la collaborazione con Paolo Benvegnù?

Mi trovavo a Firenze perché avevo una data lì. La ragazza di Paolo era l’addetta al booking del locale. Le ho lasciato la mia demo, poi Paolo mi ha ricontattato per produrre il mio primo album [“Terje Nordgarden” – 2003, n.d.r.].

Tu e Paolo siete poi rimasti in contatto?

Sì, siamo rimasti in contatto, abbiamo anche suonato insieme a Roma, al Circolo degli Artisti. Poi nel 2013 ha collaborato con me alla realizzazione di “Dieci”. Paolo si trovava per caso in Sicilia nel periodo in cui stavo registrando quest’album, così è venuto a fare il suo assolo, per concludere il brano [“Cerchi nell’acqua”, n.d.r.] in un grande pandemonio.

Bello! Parlando di “Dieci”, è un disco di dieci cover di cantautori italiani, che appartengono tutti alla scena indie. È una scelta molto particolare… Com’è nata l’idea di questo album?

Ho realizzato questo disco esattamente 10 anni dopo l’uscita del mio primo album, da qui il titolo. “Dieci” è nato innanzitutto per festeggiare questo anniversario. In più volevo fare un omaggio ai miei amici, ai musicisti italiani che ho incontrato in questi anni. L’idea era portare avanti una collaborazione con loro, per cui dopo l’uscita del disco abbiamo fatto anche dei live insieme. Infine avevo il desiderio di provare a cantare in italiano. Non mi sentivo ancora pronto per scrivere in italiano, per cui ho preferito interpretare dei brani composti da altri. L’intenzione era anche quella di cercare di avvicinarmi di più al pubblico italiano, naturalmente… Però è vero, ho fatto un disco di brani alternativi. Avrei potuto magari mettere insieme dieci canzoni più famose. Se avessi voluto avere maggiore impatto, avrei potuto fare dieci canzoni di  Vasco Rossi, Laura Pausini o, che ne so, di Ligabue. Magari lo farò, magari quando saranno passati 20 anni dal primo disco! Sarò un vecchietto disperato che cerca di avere un po’ di riscontro qui in Italia…

[Ride]

Recentemente mi hanno proposto di fare un omaggio a Edoardo Bennato. Non conoscevo bene Bennato, quindi ho ascoltato un po’ la sua discografia. So che fa ridere, ma mi ha affascinato il brano che ha cantato con Gianna Nannini per i Mondiali del ’90, Un’estate italiana. E ora interpreterò quel brano… Ancora non sono pronto per niente, eh! Comunque pensavo di suonarlo con la chitarra classica, di rallentarlo e renderlo completamente diverso. Secondo me il brano in sé è molto bello, ma l’arrangiamento originale è ovviamente da stadio…

Parli benissimo italiano, hai vissuto molti anni in Italia… Nonostante questo trovi difficile scrivere in italiano?

Sì, perché l’italiano ha una metrica molto diversa dalla lingua inglese. L’inglese è una lingua più fluida, le parole legano meglio insieme. Poi anche in inglese si può cantare scandendo le parole, lavorando sul ritmo e sulle pause… pensa a Frank Sinatra! Però sì, scrivere in italiano è una bella sfida, ancora non ho provato… Vedremo in futuro! Per ora sto puntando sull’imparare a cantare in norvegese. Anche in questo caso c’è un’altra metrica. Ho già scritto un paio di brani… L’obiettivo che mi sto dando è uscire con il mio primo lavoro in norvegese per i miei 40 anni!

Un’altra scadenza, quindi…

Già, un’altra deadline! Del resto il norvegese è la mia lingua… Però sono sempre ispirato dalla scuola americana, dalla musica anglosassone.

In effetti qualche critico ti ha paragonato a Ryan Adams, qualcun altro a Nick Drake e Jeff Buckley. Ti ci ritrovi? Quali sono i tuoi riferimenti musicali?

Direi di sì. Probabilmente nel primo periodo l’influenza di Jeff Buckley era più evidente, nel mio secondo disco ho anche realizzato un omaggio a Buckley… è stato un buon modello per imparare a cantare, tra i cantautori è sicuramente uno dei più particolari, è espressivo…

Come nascono i tuoi brani? Di solito parti dal testo o dalla musica?

Di solito dalla musica. Ho provato qualche volta a partire dal testo, come fa Paul Simon. Lui scrive prima il testo, ad esempio. Per me funziona meglio però abbinare il testo alla musica, partire da un giro di accordi, creando un’atmosfera che mi faccia pensare ad un testo adatto.

Che direzione pensi che stia prendendo la tua carriera in questo momento?

Ho appena finito il mio disco, è già pronto. Per me è un nuovo record personale: ho finito il disco sei mesi prima dell’uscita… è una bella soddisfazione! In più non c’è lo stress legato all’uscita, c’è tutto il tempo per pensare alla strategia, alla promozione…

Lo presenterai con un tour?

Sì, a ottobre. Il disco uscirà a fine settembre. Questa volta vorrei fare un piccolo tour iniziale insieme alla band, ai musicisti con cui ho realizzato l’album. E poi, in un secondo momento, proseguire magari il tour da solista. Vedremo…

Tornerai anche in Italia?

Sicuramente. Qui mi sento accolto, l’Italia è diventata la mia seconda casa. Ho vissuto a Bologna, ho vissuto a Firenze, poi in Sicilia… Ho tanti amici qui.

In base alla tua esperienza, è difficile essere musicista qui in Italia? Come ti sembra la scena musicale italiana?

Mah… Fare musica è difficile in tutto il mondo, non solamente in Italia! Per lo meno all’inizio… Devo dire che in Italia, da questo punto di vista, c’è una bella scena underground, ci sono un sacco di locali. Ci sono molti musicisti, anche… faccio fatica a star dietro a tutti! Escono decine e decine di nuovi dischi. E poi è bello suonare in locali come questo, dove c’è più intimità, più contatto con il pubblico! Personalmente amo la musica italiana: anche ora che sono tornato a vivere a Oslo, continuo ad ascoltarla. Ultimamente, ad esempio, ho ascoltato gli album di Iosonouncane, Brunori SAS, Vinicio Capossela… Lui è un grande artista, ha una grande presenza scenica sul palco.

Bene Terje, direi che siamo arrivati alla fine. Non mi resta che ringraziarti e vedere il tuo concerto!

Grazie mille a voi. Vado a mettermi la camicia [quella della locandina, n.d.r.], poi si comincia… Bye bye!

 

INFO:

web | www.nordgarden.info

facebook | www.facebook.com/pages/Terje-Nordgarden