Intervista a Luca Mazzamurro, voce dei Mollier

 

Bologna. In un afoso pomeriggio d’agosto, abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con Luca Mazzamurro, voce dei Mollier. Dopo la pubblicazione dell’album d’esordio “Meccaniche razionali”, il gruppo bolognese è attualmente al lavoro su un nuovo progetto.

Sul canale YouTube della band è di recente disponibile il video del nuovo singolo “Hallelujah”, cover di Leonard Cohen ma con un testo – tanto inedito, quanto intenso – in lingua italiana.

 

Mollier

Mollier

Ciao Luca, grazie per essere qui con noi. Rompiamo subito il ghiaccio con una domanda di rito: come sono nati i Mollier?

<< I Mollier sono nati tra i banchi di scuola, si può dire. Nel 2004 chiamai infatti un mio ex compagno di classe, Andrea Zannoni [tastierista dei Mollier, n.d.r], per registrare una cover. La cover era “Hallelujah” di Jeff Buckley, che ai tempi della scuola era il suo artista preferito. Alle superiori suonavamo insieme in un gruppo, facevamo cover rock… Metallica, Led Zeppelin, Pink Floyd e cose così. Dopo qualche anno – parliamo del 2001 – 2002 – Andrea uscì per primo dal gruppo, per iniziare a fare musica più pop con che rock. Io invece rimasi ancora un po’ con questa cover band, che da ultimo si chiamò “Gran Botta Rock Band”, con due grandi musicisti e amici: Fabio Brunetti (chitarra) e Christian Tullini (batteria). Poi ne uscii anch’io, per dedicarmi appunto ad un genere pop, più acustico.>>

 

Il nome del vostro gruppo è particolare… come l’avete scelto?

<<Il nome del nostro gruppo è legato a un libro, “Il cantante in cammino verso il suono”, che è un libro di Gisela Rohmert sul metodo funzionale. È un metodo di canto, nato in Germania, e fu il metodo di riferimento della mia prima insegnante di canto, dal 2000 al 2007. Questo metodo ha un approccio olistico e vede il gesto vocale in funzione dell’interazione dei sistemi fisiologico, anatomico e psicologico. In particolare c’era questo esempio: come una barca deve trovare un equilibrio per solcare il mare, così il cantante deve trovare degli equilibri fini nel momento in cui va a cantare, capire cosa deve tenere in tensione e cosa invece può rilassare. Mòllier era un medico tedesco, che schematizzò le forze che tengono ritta la colonna vertebrale. L’equilibrio risultante da queste forze era citato in analogia con gli equilibri che deve trovare il cantante a livello laringeo. Da qui è nato il nome Mollier, che si legge come si scrive, ma è una parola che non esiste. Non è Molière, non è Mòllier… viene da Mòllier, ma è diventato Mollier [pronuncia Mollièr, n.d.r.].>>

 

Passiamo adesso alla vostra musica, in particolare ad “Hallelujah”, l’ultima canzone che avete realizzato. Come vi è venuta l’idea di fare questa cover, utilizzando un testo originale?

<<L’idea mi è venuta analizzando il significato di “Hallelujah”. Per fare questo ho letto anche un libro, “Hallelujah – The holy or the broken”. Cohen ha scritto più di 80 strofe di “Hallelujah”, tra cui scelse le sette che rientrano nella versione originale della canzone, mentre Buckley di queste sette ne scelse cinque. L’Hallelujah è inteso come un inno all’amore, nel senso più ampio del termine, in cui l’aspetto sacro e l’aspetto carnale, umano, si fondono. Questa visione a mio avviso è in linea con un pensiero che cerca di ricomporre quella scissione tra corpo e anima, predicata soprattutto dalla religione cattolica. Nel testo ho fatto perciò dei riferimenti molto precisi e diretti a quella che secondo me è stata la causa principale della separazione tra mondo materiale e spirituale nella società, cioè la Chiesa cattolica, che, per esercitare una forma di potere sugli individui, ha volutamente predicato nei secoli il messaggio di Cristo in maniera distorta, anche inculcando nelle persone un concetto di corpo e di fisicità come qualcosa di basso e di impuro.>>

 

Il vostro video di “Hallelujah” alterna al presente alcune scene delle Crociate. Perché questa scelta?

<<Perchè le Crociate sono state una fase molto importante nel processo di affermazione del potere della Chiesa cattolica, la quale ha sempre esercitato la sua egemonia modificando i suoi dogmi solo nel momento in cui era costretta a cambiarli per rincorrere i cambiamenti della società e il pensiero del popolo. Se pensiamo che per chiedere scusa a Galileo ci son voluti 360 anni! Inculcando nelle persone un certo tipo di mentalità, in cui l’uomo è principalmente  un peccatore, la Chiesa si è eretta ad unica strada per avvicinarsi al divino e ad ancora di salvezza. E, nel fare questo, ha assunto sempre più potere, anche economico. Io credo fermamente nell’influenza – per così dire – maligna, di questa istituzione agli alti livelli, di chi amministra il potere al suo interno, non certo nelle persone che invece ne fanno parte e in buona fede compiono il loro dovere. Penso, ad esempio, al caso Spotlight. È uno degli esempi che dimostra come la Chiesa sia un sistema estremamente potente, che, invece di denunciare, può permettersi di proteggere i preti pedofili.>>

 

Che cosa hanno in comune “Hallelujah” e “Meccaniche razionali”, il vostro primo album?

<<Beh… Tutto. Putroppo la canzone non è stata inserita nell’album perché l’abbiamo fatta dopo, però è perfettamente in linea con quello che “Meccaniche razionali” vuole dire.>>

 

Vuoi ricordare ai nostri lettori qual è il concept alla base di “Meccaniche razionali”?

<<Alla luce delle scoperte della scienza, soprattutto della fisica quantistica, dall’inizio del secolo scorso si è aperto un mondo nel campo della ricerca. Questo mondo converge sempre di più con quelle teorie predicate dalle filosofie orientali, come il taoismo e il buddhismo, che vedono la materia come una manifestazione energetica. Prima del secolo scorso parlare di energia era qualcosa di molto astratto e non voleva dire niente, ora esistono le prove che invece vuol dire proprio tutto. E quindi molti aspetti che hanno a che vedere con il nostro attuale concetto di razionalità devono per forza essere rivisti. Lo studioso – ma per studioso intendo anche la persona comune, non per forza lo scienziato – che vede e interpreta la realtà con gli occhi di chi non ha questa visione energetica della vita, dovrà convergere sempre di più verso le teorie predicate da queste filosofie. La distinzione tra quello che veniva considerato più filosofico, astratto o fantasioso diventerà la razionalità. La realtà è una: sia il filosofo che lo scienziato sono alla ricerca di una spiegazione della realtà… Cosa siamo, da dove veniamo, dove andiamo… non possono esserci due versioni dello stesso libro: il dualismo tra essere razionale e “non avere i piedi per terra”, ragionando su questi aspetti ha meno senso. E lo avrà sempre meno. Le filosofie orientali dicono che con l’esercizio, con la meditazione, si può allenare la mente in modo da diventare più sensibili alle forme di energia della persona e dell’ambiente circostante. >>

 

Affascinante… In genere come nasce un vostro pezzo?

<<Nasce per lo più stendendo una serie di accordi. Fino ad ora, a parte un caso, è nata sempre prima la musica. Di solito o io o “Zanna” [Andrea Zannoni, n.d.r.] abbiamo un’idea su un giro di accordi e su questo giro d’accordi quasi in contemporanea mettiamo una melodia… cantata in giapponese antico o in inglese post-moderno, che non vuol dire niente [Luca ride]. Si buttano giù delle parole senza senso, ma con la melodia. Il testo segue sempre la melodia, su cui cerco di trovare poi le parole giuste. E quello è un bel lavoro…! Io ero abituato ad ascoltare soprattutto musica cantautorale italiana, mentre “Zanna” ha virato molto prima di me verso l’ascolto di musica straniera, anglosassone alternativa. In questo senso ha plasmato molto quelli che sono i miei gusti di oggi. Forse io prediligo ancora melodie più classiche, mentre lui apprezza musica anche più sperimentale, ma siamo diventati molto simili come gusti ed è il motivo per cui ci troviamo bene a scrivere insieme. Quindi la complessità del lavoro di stesura del testo deriva dal cercare di adattare l’italiano a delle melodie che sono assolutamente inglesi come riferimento, abbastanza variegate, con giri d’accordi costruiti a volte senza sapere che accordi sono. “Zanna” ha una preparazione tecnica, ma quando crea della tecnica se ne dimentica. È molto creativo in questo e si lascia andare buttando giù accordi anche molto complessi. A posteriori cerchiamo di capire che cosa sono. Sono melodie sempre molto sospese, poco italiane. Perché l’italiano è molto più prolisso dell’inglese, che ha parole molto corte, molto spesso monosillabe. È come giocare a Tetris con pezzetti da 1, piuttosto che con barre da 5. L’italiano ha molte più vocali, è più solare. È una lingua che ti porta verso un tipo di vocalità molto diversa dall’inglese. La sfida è anche un po’ questa, cercare di trovare le parole giuste in italiano. Anche se all’inizio abbiamo cominciato a cantare in inglese, ci siamo convertiti subito dopo all’italiano, per cercare di far capire meglio cosa volevamo dire. Dietro alle nostre canzoni c’è sempre il senso di voler comunicare qualcosa.>>

 

C’è un brano tra quelli che avete scritto a cui ti senti più legato?

<<Beh, mi sento molto legato a “Riapro gli occhi”, il primo pezzo dell’album [Meccaniche razionali, n.d.r.]. C’è molto del mio vissuto personale. È un po’ raccontata la storia di questo risveglio, che simboleggia una presa di consapevolezza diversa, frutto delle pratiche orientali, che mi hanno portato a cambiare. A trovare un anello di congiunzione, una spiegazione a certe mie riflessioni, certi pensieri che ho sempre avuto, fin da quando ero molto piccolo. Ho sempre avuto questa attrazione verso l’assoluto. Mi son sempre chiesto veramente: “Noi chi siamo?”, fin da quando avevo cinque anni. Avevo anche delle emicranie per questo. C’erano dei momenti in cui non vedevo mio padre e mia madre come i miei genitori, ma come delle persone: mi chiedevo da dove venissero. Mi sono sempre interrogato molto sulla realtà delle cose e non ho mai dato per scontato questo aspetto. È sempre stato molto presente in me il desiderio di scoprire che cos’è l’universo.>>

 

Progetti per il prossimo futuro?

<<Scrivere un altro album, cosa che abbiamo appena iniziato a fare. Siamo ancora molto lontani, però…>>

 

I live invece? Li vorreste fare? Ne avete in programma?

<<Li vorremmo fare, ma al momento non ne abbiamo in programma. Ci siamo concentrati più sulla realizzazione di video. Ogni volta che facciamo una canzone, cerchiamo sempre di realizzare anche il video, perché senza quello ormai non si fa più niente. Quindi abbiamo un po’ sacrificato l’aspetto dei live.>>

 

Quali sono secondo te le difficoltà maggiori che incontra un gruppo emergente adesso?

<<Che alla gente interessa poco la musica originale, se non sono cose commerciali. Le persone interessate ci sono, però sono poche. Dipende da cosa si vuol fare nella vita: se uno ha il suo lavoro, suona per divertimento e vuole farsi sentire non c’è nessun problema. Ci sono mille possibilità: numerosi concorsi, molteplici piattaforme su cui far sentire la propria musica… Ma quasi gratis. Il web ha ridotto drasticamente le possibilità d’introito per i musicisti, se non sei un nome famoso. Se uno si accontenta di questo, non c’è nessuna difficoltà. Viceversa, ce ne sono moltissime. Anche perché la gente generalmente è poco curiosa di scoprire cose nuove. E soprattutto, in un mondo in cui puoi sentire di tutto, manca la pazienza di ascoltare. Non c’è più il concetto di ascoltare un disco. Si mette Spotify in sottofondo mentre si fa qualcos’altro. Se dopo qualche secondo quello che si sta ascoltando non piace, si cambia, tanto ce n’è dell’altro.>>

 

Ti viene in mente una soluzione?

<<Rendere illegale il calcio? Finché i gusti delle persone sono questi è difficile. Poi è chiaro che non sono tutti così, ma ragionando in termini di massa… L’interesse deve partire dalla gente, non solo dall’offerta. Una volta si ascoltava musica, perché fondamentalmente c’era poco altro come divertimento, non c’era Internet, non c’era la TV in streaming… è chiaro che la musica era un modo di divertirsi. E poi non c’era possibilità di ascoltarla ovunque. Si andava ai concerti, si andava nei locali. I manager andavano nei pub per scoprire i gruppi. Questa cosa oggi non c’è assolutamente più. Ripeto, se vuoi suonare in un pub per divertimento va benissimo, ma non è con la data nel pub che vai a catturare l’attenzione di chi è lì solo per bersi una birra. Che poi, anche negli anni ’60 o ’70, non è che la musica venisse proposta per filantropia. Veniva proposta perché lì c’era il business. Oggi il business è nei talent, che si spacciano per realtà sensibili alla musica, ma penso che qualsiasi musicista possa dire che in realtà non è così. Oggi come oggi un certo genere di musica non commerciale diventa subito musica di nicchia. L’obiettivo a questo punto diventa fare breccia nella nicchia.>>

 

Se potessi scegliere un musicista con cui suonare o collaborare, anche non più vivente, chi sceglieresti?

<<Ovviamente Jeff Buckley. Facile.>>.

 

Non ti chiedo neanche perché… Hai un aneddoto divertente da raccontare sul vostro gruppo?

<<Vediamo, aneddoti divertenti… Eravamo a fare un concorso in Veneto, mi sembra. Stiamo per cominciare. Non so se “Zanna” si è distratto per quello, ma prima che cominciassimo a suonare c’era stata una sfilata di modelle. C’erano tipo 50 ragazze in costume proprio di fronte a noi e noi dietro, già con gli strumenti… Morale, tocca a noi e “Zanna” parte con una tonalità diversa dagli altri strumenti. Ci accorgiamo subito che c’è qualcosa che non va, perché parte questo accordo dissonantissimo. A quel punto faccio fermare tutto e dico che non c’è la chitarra in spia. Ho usato questa scusa becera e intanto “Zanna” era lì che “pistolava” il transpose…>>.

 

Siamo in chiusura. C’è qualcuno che vorresti ringraziare?

<<Ringrazio sicuramente il mio maestro di pratica, Sensei Kayun Shoso Tenzan, perché “Meccaniche razionali” è molto legato a quello che lui mi ha insegnato, è questo che mi ha ispirato il concept alla base dell’album. Ringrazio poi gli altri componenti del gruppo, Andrea e Tommaso [Tommaso Preda, bassista dei Mollier, n.d.r.] con cui c’è sia un legame umano, che una comunione d’intenti veramente magica. Non penso che potrei fare questa cosa con altre persone.>>

 

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