MARY’S JAIL
1. I’ll never belong here
2. A perfect state of nervousness
3. Cold
4. Mary’s Jail
5. Bitter sweet
6. Darkside
7. Psilocybe
8. A new dawn
9. Secret garden
10. Last goodbye
11. Song eleven
Dieci songs per cinquanta minuti intensi, dove il rock regna sovrano.
Bastano però pochi secondi per percepire l’incredibile feeling della band con i loro strumenti, dalla padronanza della tecnica all’espressività delle note che, come per magia avvolgono l’ascoltatore e lo trasportano in un mondo parallelo.
Dolci e caldi, poi duri e secchi, i suoni si mischiano come in un brodo primordiale ed esplodono di rabbia e di sentimento con la sola forza di poche note.
Le influenze spaziano dal pop-rock britannico, al classic rock fino a toccare, o forse meglio dire a sfiorare, la psichedelia.
Incantevole e morbida la voce, poi così graffiante e carica di emozioni che quasi si sentono sulla pelle al solo ascolto.
Da ogni canzone traspaiono, non solo le doti del gruppo, sia a livello compositivo che esecutivo, ma anche e soprattutto la professionalità che li contraddistingue da molte altre band.
E la semplicità non manca.
Davvero perfetta l’atmosfera che riescono a creare questi quattro ragazzi, l’armonia tra le melodie, le parole – rigorosamente in Inglese- , il tocco sulla chitarra e la voce che si trasforma e segue come un’onda la musica che sale e poi riscende, aliena l’ascoltatore e lo porta lontano da tutto, e la mente viaggia su note così intense che quasi fanno male. e piangere per emozione è quasi scontato.
La prima parte del disco lascia respirare le distorsioni, ma la dolcissima “A new dawn” porta un attimo di tranquillità, fino alla chiusura strumentale della “Song eleven”, brano strappalacrime dove troviamo racchiusa in soli due minuti e trentadue secondi tutta l’espressività dell’album.
Che dire di più se non che la band lascia davvero senza parole!
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