Underground Railroad – Blessed with a curse

Quando ho aperto il pacchetto postale che conteneva il cd degli Underground Railroad, per come mi si presentava il contenuto (ovverosia: copertina e relative scelte estetiche di immagine e stile di carattere, illustrazione del cd, informazioni, note etc. etc.) ho pensato che certamente doveva essere un lavoro, come minimo, di discreta fattura. Poi, però, l’ho anche ascoltato, e ho cambiato idea, perché questo cd non è discreto, ma è proprio bello.

Innanzi tutto, pur essendo stati recorded “almost” live (come recita una delle note di copertina) i pezzi non risentono assolutamente di negligenza negli arrangiamenti, né di pecche o di incespichi eccessivamente vistosi.

Certo, è anche vero che la musica che questi tre ragazzi di Ferrara propongono non ama troppo i fronzoli; è essenziale, immediata, e loro stessi nella presentazione ci scrivono che “si potrebbe definire un rock’n’roll diretto, visibile anche nella semplicità della formazione: chitarra e voce, basso e batteria”.
E questo “rock’n’roll diretto” non ha neppure bisogno di troppe presentazioni, soprattutto per chi sia abituato ad eludere la marcatura stretta di MTV & Co. e ad attingere in maniera usuale e salvifica dai dischi di quasi quarant’anni fa.

E poi, i ragazzi sembrano già ben rodati: gruppo formatosi nel 2002, svariati concerti in Emilia e non solo, due esibizioni al Motorshow di Bologna (2003 e 2004), e una partecipazione al programma di Red Ronnie “Cosa succede in città”, nel 2004.

Insomma, Blessed with a curse arriva, già al primo ascolto; e lo fa con quella carica di chitarre distorte e tenaci, di voci urlate e gracchianti, e all’occorrenza “megafonate” (come nel caso di Just a man o di N.Y.C. Junkie), e di una base ritmica a tratti trascinante.

Un disco prepotentemente nostalgico e di buona memoria, in cui San Jimi e la sua Experience sembrano farla da padroni, a partire della formazione del gruppo (vd. sopra), per finire ai ruoli e alle mansioni dei singoli elementi, con Enrico Cipollini che canta, suona la chitarra e scrive da solo i pezzi; solo i testi però, perché per le musiche si avvale dell’ausilio del bassista Andrea Orlandi, e del batterista Nicola Fantini.

Diciamo dunque che la chitarra domina e penetra. E lo fa urlando distortamente ed elettricamente, con riff affilati e di “settantesca” memoria…forse anche troppo “settantesca”.

C’è un po’ di tutto nella tracklist di Blessed with a curse: dal rock-funky di Don’t know e della sua chitarra quasi “slappata”, ai tempi dispari di National Breakdown (che apre bene il disco) e soprattutto di Just a man, dove il 5/4 e il 6/4 si alternano sapientemente; dalla quiete pacifica e acustica di Faithful (l’unico pezzo in cui la batteria del nostro Nicola, forse perché suonata con le spazzole, tentenna un po’) a quella quasi innaturale di Sing a song (il cui vispo cromatismo acustico è addolcito da un arpeggio di piano e da una melodia vocale sinuosa); dalle divagazioni psichedeliche di N.Y.C. Junkie, alle voci da speaker narrante di Bring you down; dalle reminiscenze doorsiane di (ancora una volta) N.Y.C. Junkie (il cui riff iniziale fa pensare un po’ a Roadhouse Blues) a quelle zepelliniane di Stripper Blues (che mi riporta vagamente a Dazed and confused).

E poi c’è il verbo hendrixiano che si insinua, continuamente e benedicendo. In Bring you down c’è tutta la carica e l’incastro ritmico-melodico di Fire.
In Stripper Blues e nel suo assolo (a mio avviso il più bello del disco) sta tutta la dinamica timbrica di Jimi e del suo passaggio espressivo dal clean al distorto.

E alla fine, dopo Sing a song, la traccia fantasma: due minuti appena di delirio sonoro e ipnotico, di divagazione allucinogena e di frequenze sballottate anche a ritroso a destra e a manca.

Tutto molto bello, ma…(doveva pur venire una nota negativa, no?)…tutto un po’ troppo anacronistico. Insomma il disco si lascia ascoltare, soprattutto da un passatista come me, ma difficilmente si lascerebbe produrre, solo perché non c’è nulla di veramente nuovo. Ma penso che gli Underground Railroad lo sappiano già…dipende dai loro obbiettivi!

Comunque…l’ultima nota di copertina del disco recita così: “Better served at high volume”.
Bhe, se anche l’orecchio vuole la sua parte, seguite il consiglio.

Tracklist:
1) National breakdown
2) Don’t know
3) N.Y.C. Junkie
4) Bring you down
5) Wonderland
6) Faithful
7) Just a man
8) Dead a thousand times
9) Stripper blues
10) Sing a song