Paolo Fresu e il jazz in Quintet: il live a Imola

Paolo fresu 5th © Roberto Cifarelli

Paolo fresu 5th © Roberto Cifarelli

Resident artist dell’edizione 2017 di Crossroads, Paolo Fresu si è esibito sul palco del Teatro Ebe Stignani di Imola il 21 aprile scorso, insieme alla sua storica formazione, una delle più longeve e rappresentative del jazz italiano. Il Paolo Fresu Quintet – che vede Tino Tracanna al sax tenore e soprano, Roberto Cipelli al pianoforte e Fender Rhodes, Attilio Zanchi al contrabbasso, Ettore Fioravanti alla batteria e, naturalmente, Paolo Fresu alla tromba e al flicorno – nacque per volontà di Fresu e Cipelli nel 1984, anno in cui il quintetto incise anche il primo disco, “Ostinato”.

Siamo un’orchestra, perché è questo che si diventa quando si suona insieme per tanti anni. Ho incontrato Roberto nella reception di un hotel”, racconta Paolo durante il concerto. “Era arrabbiato, perché io e la mia band l’avevamo tirato giù dal letto, raccontando barzellette in sardo. Tino e Attilio invece li abbiamo reclutati in una stazione di servizio sulla Milano-Bergamo. Li abbiamo assunti prima ancora che lo sapessero”.

Il concerto si apre con “Le roi René”, brano in cui l’atmosfera intima e sognante, creata dall’intro di tromba, lascia il posto al vivace solo di piano, prima, e al serrato dialogo tra i fiati, poi. Dialogo che procede, quasi senza soluzione di continuità, anche nel pezzo successivo, dove il suono fresco e accattivante di Fresu si alterna allo stile be-bop del sax soprano. Il titolo è facile da ricordare: “T.R.E.A.P.”, insieme delle iniziali dei membri del quintetto, come spiega lo stesso Paolo.

Segue poi “Till The End”, ballad interpretata in modo toccante da Cipelli al piano e dal sax tenore di Tracanna, accompagnati da Fioravanti con leggerissimi colpi di charleston. Il brano è tratto da “¡30!”, l’album che festeggia i trent’anni di attività del quintetto, così come “Chiaro”, il pezzo successivo, un brano fusion in cui Fresu gioca con il suono della tromba, grazie all’ausilio azzeccato degli effetti.

Essendo a Imola, non poteva mancare in scaletta “Fellini”, brano scritto da Fresu in ricordo del grande regista romagnolo. Il pezzo ricrea sapientemente l’atmosfera da orchestra di paese di felliniana memoria, attraverso il tocco nostalgico del pianoforte, le sonorità del tango, l’esecuzione struggente del tema da parte dei fiati e il dolcissimo assolo di Zanchi al contrabbasso.

Ho scritto questo pezzo quando Fellini è mancato. Ricordo che ero in treno, tra Firenze e Bologna. Una volta si poteva scrivere in treno. Oggi, con questi treni veloci, non avrei avuto il tempo di scrivere 16 battute”. Roberto Cipelli interviene, prendendolo in giro: “Una volta non parlava mai durante i concerti. Pensavamo fosse muto… Adesso non smette più”.

L’incredibile versatilità e modernità stilistica del quintetto, la straordinaria capacità di Fresu e dei suoi di sperimentare, di giocare con la contaminazione tra jazz e sonorità appartenenti a generi musicali diversi, trova espressione ancora una volta nel bis, con la meravigliosa rilettura in chiave jazzistica di un pezzo tratto da “La Bohème” di Puccini, “Sono andati?”, e il romantico saluto di Fresu al suo pubblico nel solo di tromba finale.