Amarcord 2.0 – Conversazione con Igor Macchia e Filippo Cassani

Vi siete mai chiesti quali pensieri rincorra l’uomo che vi porge il resto al casello? E il lavapiatti? Che cosa prova il giostraio mentre osserva la giostra girare? È a loro che è dedicato l’ultimo disco degli Amarcord, dal titolo “Gente in ombra”, la cui uscita è prevista nel 2018. In questo concept album emozionante e raffinato la storica band bolognese – formazione capitanata dal cantautore Igor Macchia – presta la voce a quelle figure che spesso incrociamo sul nostro cammino, ma a cui raramente diamo attenzione.

Nei dieci ritratti che compongono il disco, Igor punta il riflettore sulle persone destinate a passare inosservate, a scivolarci accanto nel più completo anonimato. E lo fa in pieno “stile Amarcord”, attraverso una musica ricca e senza soluzione di continuità (tutte le tracce sono collegate tra loro da intermezzi strumentali). Una musica orchestrale e polifonica, i cui ritmi strizzano l’occhio tanto alle sonorità balcaniche, quanto allo swing. “Gente in ombra” è il quinto album degli Amarcord (dopo “Vorrei dirti di più”, “Il viaggiatore degli astri”, “L’amore non ha regole” e “Nuovo medioevo”) e, forse, il loro lavoro più maturo e poetico. Che presenteranno in anteprima l’1 febbraio al Loft – Kinodromo di Bologna, in un concerto da non perdere.

Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Igor Macchia, leader degli Amarcord, e con uno dei nuovi membri del gruppo, il sassofonista Filippo Cassani.

“Amarcord” in dialetto romagnolo significa “mi ricordo” e tra l’altro è il titolo di un bellissimo film di Fellini. Igor, come mai hai scelto per la band proprio questo nome?

Igor: Ho scelto questo nome per la band appunto pensando al film, perché Amarcord è il mio film preferito. Poi perché pensavo, mentre stavo componendo i primi brani degli Amarcord, che ci fosse molta assonanza con la musica che faceva Nino Rota per Fellini. Soprattutto per via degli accordi di quinta maggiore, che io uso spessissimo. Inoltre in quel film di Fellini emerge molto il contrasto tra la malinconia e l’ironia, cosa che cerco di fare anch’io nelle mie canzoni. Per tutti questi motivi, ho scelto il nome “Amarcord”. E comunque “Amarcord” significa “mi ricordo” anche in dialetto bolognese, non solo in romagnolo! Però in bolognese si pronuncia con la “o” chiusa…

Gli Amarcord hanno all’attivo, tra alterne vicende, ben quattro album dal ’96 ad oggi, più un quinto che sta per uscire, “Gente in ombra”. Ci vuoi parlare un po’ di quest’ultimo progetto?

Igor: “Gente in ombra” nasce come concept album, come tutti i dischi degli Amarcord a parte l’album d’esordio [Vorrei dirti di più, N.d.R.], che raccoglieva i primi sei anni di produzione della band. I testi dell’ultimo disco raccontano di quelle persone che, pur avendo visibilità nella vita quotidiana di molti, non riescono in genere ad essere memorizzate. Ho avuto, per così dire, la presunzione di riuscire a dargli un po’ di risalto. Gli intermezzi di musica elettronica di 30 – 40 secondi che ci sono tra un brano e l’altro, e che ricordano degli stacchi pubblicitari, nella mia idea rappresentano il ritorno alla realtà. Una realtà dove questi personaggi restano, appunto, nell’ombra.

I protagonisti di “Gente in ombra”, per quanto in ombra, sono comunque particolari. Non sono personaggi comuni come, che so, il postino, l’idraulico… Tu hai scelto invece dei personaggi a loro modo stravaganti, come il giostraio. Come ti sono venuti in mente?

Igor: Beh “Il Giostraio” mi è venuto in mente osservando un giostraio ai Giardini Margherita, qui a Bologna. Avevo pensato anche al postino, ma onestamente non ho trovato niente da dire. Anche perché portano brutte notizie, bollette, avvisi di pagamento…

Ho saputo che c’è una storia anche dietro “Il Casellante”, che tra l’altro è il pezzo che preferisco del disco…

Igor: È anche il mio. È vero. Ho un amico che ha fatto il casellante, che ha le caratteristiche per rappresentare totalmente quello che scrivo nella canzone.

In un mondo in cui anche la modalità di ascolto è diventata quella dello zapping, pubblicare un concept album come “Gente in ombra” è una bella sfida, che ne pensi?

Igor: Finché non si ha sulle spalle il peso di essere già noti, quindi la necessità di fare delle scelte orientate dal mercato, da un produttore, eccetera, preferisco mantenere la libertà artistica di fare quello che mi piace e che ho voglia di fare. Non so se Filippo vuole aggiungere qualcosa.

Filippo: Prima di tutto mi presento. Sono Filippo Cassani e sono uno degli ultimi arrivati negli Amarcord. Suono il sax baritono, visto che ho abbandonato il soprano perché Igor me l’ha buttato nel rusco… che è un termine bolognese, non romagnolo! Tornando alla tua domanda, è vero che oggi è venuto meno il supporto fisico, che la musica viene ascoltata su servizi come Spotify, che spesso fanno una selezione in base ai gusti degli utenti, e che l’ascolto è diventato più frammentato. Da questo punto di vista, sicuramente è un pubblico di nicchia quello che usufruisce di un servizio di streaming per ascoltarsi il disco per intero. L’altro lato della medaglia, però, è che un progetto come “Gente in ombra” su Spotify potrebbe arrivare alle orecchie di persone che viceversa non avrebbero occasione di ascoltarlo, che magari sono dall’altra parte del mondo ma parlano italiano, quindi possono apprezzare anche i testi delle canzoni oltre agli arrangiamenti.

A proposito di questo, come vi immaginate il pubblico degli Amarcord?

Igor: Sinceramente non lo so, non ci ho mai pensato. Mi viene più facile pensare che sia l’artista ad essere del pubblico, ad appartenere al pubblico, che viceversa.

Qual è l’artista preferito di Igor Macchia?

Igor: In Italia, Paolo Conte. All’estero, i Mr. Bungle e i Cure.

Prima abbiamo parlato dei pro e dei contro dei servizi per ascoltare la musica in streaming. Vi vengono in mente altri vantaggi e svantaggi, legati all’utilizzo delle nuove tecnologie per chi fa musica oggi?

Filippo: Per quanto riguarda i servizi in streaming come Spotify e altre piattaforme, il pro è accorciare le distanze, ma il contro è che i dischi non vengono più acquistati. Oggi i guadagni per i musicisti sono veramente bassissimi, nonostante sia più facile avere visibilità. In questo senso anche Facebook e i social network sono utili, però i musicisti emergenti si trovano spesso nelle condizioni di fare un gran lavoro di promozione, che non dovrebbe competergli. A volte questo succede anche se la band si affida a un’etichetta o a un’agenzia di booking, mentre sarebbe bello poter fare “solamente” i musicisti.

Un’altra scelta originale è il numero di elementi che compongono la band (fino a tredici), che la rendono una piccola orchestra. Come mai questa scelta?

Igor: Gli Amarcord sono partiti in nove, ma ultimamente abbiamo suonato anche in tredici. Nei live, questo dipende dal budget a disposizione. Perché questa scelta? Perché quando compongo tendo ad essere molto barocco, come un pittore che usa tutti i colori della sua tavolozza. È forse un mio limite, ma non riesco a pensare le canzoni degli Amarcord suonate da due o tre strumenti, quindi per realizzare i pezzi c’è sempre stato bisogno di tanti elementi.

Quando componi hai già in testa la musica di ogni strumento? Scrivi tu le parti per tutti?

Igor: Per i primi due dischi degli Amarcord arrivavo in sala prove già con testo e musica (io suono il pianoforte). Per i fiati arrivavo con qualche idea, che canticchiavo, e poi si arrangiavano i pezzi tutti insieme. Per gli altri tre album il discorso è cambiato, per necessità. Nel 2001 gli Amarcord si erano quasi… sciolti? Meglio, separati. Sciolti non mi piace, mi fa venire in mente una candela! Comunque, per mandare avanti il progetto mi sono reso conto che era meglio arrivare in sala prove con gli spartiti pronti e le parti già scritte, in modo da ottimizzare i tempi. Considera che per riarrangiare un pezzo in sala prove ci vogliono settimane e i riscontri economici purtroppo sono pochi. Come dicevamo, ormai si guadagna qualcosa solo con i live, ma non sempre i locali sono abbastanza grandi o hanno budget sufficienti per formazioni con molti elementi… Certo, quando si arrangiano i pezzi tutti insieme è una bella soddisfazione! Mi piacerebbe riprovarci in futuro, con le nuove leve…

E per quanto riguarda i testi delle tue canzoni? Nascono insieme alla musica o li scrivi prima (o dopo)?

Igor: All’inizio non avevo un metodo, era tutto molto confusionario. Con il tempo ho trovato una mia strada: prima faccio la musica e dopo scrivo il testo.

Fra tutte le canzoni che hai scritto, ce n’è una che ti rappresenta in modo particolare?

Igor: Sì, è “L’amore mio”. Mentre la scrivevo pensavo a me, è forse l’unico pezzo autobiografico. Presto avrete modo di leggere il testo sulla nostra pagina Facebook: abbiamo iniziato a pubblicare una volta a settimana un brano con audio, testi e accordi in ordine cronologico, partendo dal primo disco degli Amarcord.

Che cosa significa per te essere “cantautore”? Ti ritieni tale?

Igor: Non lo so. Spesso vengono definiti “cantautori” artisti che hanno grandi proprietà letterarie e linguistiche, che scrivono pezzi con testi profondi ma musiche molto banali. Per me invece la musica e gli arrangiamenti sono importanti tanto quanto il testo. Se per “cantautori” intendi Guccini, no. Mi sento più vicino a Tenco o a Paolo Conte.

Filippo: Per me è difficile rispondere a questa domanda. Che sia nata così o meno, l’etichetta “cantautore” viene usata a volte in modo snob: il “cantautore” è un poeta che canta le sue canzoni, è un gradino sopra agli altri musicisti, si rivolge a un pubblico di nicchia. Altre volte invece si ricorre a questa parola in senso negativo, quando non si sa bene dove collocare un artista a livello commerciale. Se il musicista non fa indie o non fa jazz, allora è un cantautore. E anche se l’etichetta o l’agenzia di booking del caso apprezzano il suo lavoro, spesso non ci investono, perché non fa ballare, non “porta gente”. Come se l’attenzione verso gli arrangiamenti e i testi fosse un limite, invece di essere una risorsa.

Igor, in tanti anni con gli Amarcord, su tanti palchi con musicisti diversi, c’è un ricordo a cui sei particolarmente legato? Un episodio che ti va di raccontarci?

Igor: Ne ho tre. Il ricordo a cui sono più legato a livello emotivo risale a quando, dopo l’uscita del primo disco, cinque elementi degli Amarcord abbandonarono la band. Fatto sta che ci chiamarono a suonare al Festival di Recanati, per cui cercammo altri musicisti per ricostruire la band in fretta e furia. Furono tre giorni indimenticabili e vincemmo anche il festival. Fu lì che ripartì tutto.

E gli altri due ricordi?

Igor: Il secondo ricordo è legato a un concerto che facemmo in un paese vicino Bologna. Quella sera c’era una partita degli Europei e c’erano solo sette persone nel pubblico, compreso il fonico… mentre noi eravamo in nove! Eppure fu un concerto strepitoso, tanto è vero che vendemmo tre dischi. L’ultimo ricordo riguarda Vince Pastano [chitarrista di Vasco Rossi dal 2014, N.d.R.]. Nel periodo in cui suonava con noi, una volta rifiutò il suo cachet e mi disse di usarlo per la cassa comune, perché non si era preparato abbastanza per il live. Naturalmente io insistetti, ma non ci fu verso. Questa cosa mi colpì tantissimo.

Ci avviciniamo alla fine: quali piani hanno gli Amarcord per il futuro?

Igor: Far uscire “Gente in ombra” e, soprattutto, cominciare a scrivere pezzi nuovi, con tutti i nuovi Amarcord che sono entrati nella band. Ritornare al vecchio metodo di arrivare con un’idea in sala prove e svilupparla insieme. E magari suonare un po’ più dal vivo.

Filippo: Io non vedo l’ora di iniziare a lavorare con il sax sul materiale, vecchio e nuovo. Sperando di dare voce, nella mia interpretazione, ai brani vecchi e di contribuire alla composizione e agli arrangiamenti dei nuovi pezzi.

Un ultimo messaggio per i lettori di SulPalco?

Filippo: Ascoltate gli Amarcord, scoprite i dischi, che è possibile acquistare su iTunes e Amazon, e seguiteci sulla nostra pagina Facebook!

E tu, Igor, non hai un ultimo messaggio?

Igor: L’AMOURTADELA [brano degli Amarcord usato per una campagna nazionale della CGIL, N.d.R.] sempre!

 

 

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Soundcloud: https://soundcloud.com/igor-macchia/

 

Per i lettori bolognesi, l’articolo sugli Amarcord sarà pubblicato anche sulla fanzine cartacea PILOTA.