Statobardo

Statobardo, cosa significa il vostro nome?
Nel medioevo il Bardo era un cantore e musicista errante.. nella filosofia tibetana invece “bardo” significa letteralmente “stato intermedio” e si riferisce allo stato di esistenza che intercorre tra due consecutive vite terrene. E poi.. suonava bene!

Come vi siete conosciuti? Quando avete capito che potevate suonare insieme?
Ci siamo formati nel 1996 in un garage.. all’inizio solo per divertirsi tra amici; poi spinti dalla voglia di comunicare con la musica, di avere una situazione espressiva per dare un senso alle giornate, per sfogarsi. Da allora però ci sono stati diversi cambi di formazione.. in sostanza ci siamo cercati, per poter fare qualcosa come statobardo.

Come nascono le vostre canzoni?
I nostri brani principalmente partono dalla chitarra, subito dopo seguono batteria e basso. Una volta trovata una struttura di brano, si inizia ad articolarla, arricchendola con il lavoro del dj e della voce, e infine viene steso il testo.

Quando avete sentito l’esigenza di introdurre il dj nella vostra line up?
Nel maggio del 2000, quando sentivamo il bisogno di un nuovo particolare tocco nelle nostre canzoni.. Ci è voluto del tempo prima di trovare una giusta sintonia con la potenzialità musicale di Dj Keyone. Da un paio di anni ormai stiamo sperimentando nuovi modi per introdurre il suo stile nel nostro, esattamente come un altro strumentista, alla ricerca di un sound ben compatto e amalgamato.

Quale è stato il vostro primo “pezzo” e quali emozioni vi dava nel suonarlo insieme?
Sicuramente il primo pezzo “riuscito” è TIME HAS COME (sull’ Ep 00—1SB; 6).. il primo pezzo composto con la formazione attuale è invece KILLAK, che risale al 2001. Entrambi provocano ancora grandi emozioni quando li suoniamo.

Come descrivereste la vostra vita prima e durante il progetto Statobardo?
Prima c’erano molte altre cose per ognuno, qualcuno suonava in altre band… benchè alcuni fossero amici lo stesso, ognuno si occupava della sua vita. Immerso nella realtà. Il fatto di entrare a far parte della “famiglia”, di condividere lo stesso sogno con altre persone a te care, ci ha dato la forza di andare avanti a perseguire uno scopo. Siamo molto legati al nostro rapporto di fratellanza.

Quali sono le vostre aspettative da “Another Education”?
Per questo lavoro siamo già contenti del fatto di essere riusciti ad avere un contratto con una label inglese, ma solo ora inizia il vero impegno. Bisogna lavorare sulla musica e rimboccarsi le maniche per cercare di prendersi un piccolo spazio in questo oceano di band dalle rive troppo strette! Speriamo che la nostra musica possa raggiungere chiunque la voglia sentire. Ovviamente stiamo già lavorando per il nuovo album, ci sono molti progetti per il futuro…

Cosa cercate di trasmettere quando suonate?
La carica che appartiene alla musica, l’impatto emotivo; pensiamo che suonare sia come fare del buon sesso!!! Quando siamo su un palco è sempre un momento di espressione e liberazione emotiva per noi.

Cosa ne pensate della scena musicale di Padova e italiana in genere?
La scena musicale padovana sta lavorando in modo più serio da un paio di anni. A dire il vero siamo rimasti almeno la metà rispetto ad un paio di anni fa, però chi è rimasto e ci ha sempre creduto lavora sodo e realizza.
Odiamo la nostra città, ma andiamo fieri delle band che qui hanno fatto la storia, e trasmesso ai più giovani l’orgoglio di sentirsi un musicista e portare avanti un progetto/band. Poco importa se non sono uscite dall’Italia. La situazione della scena musicale italiana è vergognosa, ma certe band e certe persone ti fanno ancora sperare in un cambiamento di mentalità che possa essere esponenziale e coinvolgere tutto il paese, di modo che tra non molto si possa essere alla pari di USA e UK come attività, varietà e produttività della scena.

E’ un po’ di tempo che si parla di un cambiamento sostanziale all’interno delle Major e della distribuzione. Secondo voi, nel mercato italiano succederà qualcosa d’importante?
Lo speriamo e ci crediamo. Il problema è che all’estero si vedono solo recentemente gli inizi di questa “trasformazione” del mercato musicale.. e in Italia finora si è sempre arrivati in ritardo su queste cose. Quindi anche col massimo ottimismo, sarà un processo molto lungo, considerati anche gli interessi economici in gioco. Sicuramente il cambiamento deve partire dal basso, cioé dalle stesse band e realtà musicali indipendenti, più che dagli ascoltatori. Senza le band non esisterebbero label nè distribuzioni , questo bisogna ricordarlo. Qualcosa come il 94% del mercato musicale mondiale, fino a pochi anni fa, era in mano a una serie di Major che in realtà facevano capo a un’unica lobby: monopolio totale. Alla scena indipendente restavano solo le briciole, e le band si litigavano a morte pure quelle. La guerra dei poveri… nell’ultimo biennio il peer-to-peer e il file sharing hanno ridotto del 30% la fetta di mercato di queste major. Bisogna cavalcare questo cambiamento, non combatterlo, e capire che è il momento giusto per creare una collaborazione tra realtà musicali, una scena finalmente! Produrre musica di qualità senza doverne rendere conto a nessuno, e crearsi nuovi canali di distribuzione della musica e degli show. Se smettiamo di litigarci le briciole forse fra qualche anno potremmo farci il pane da soli.. e magari la musica tornerà ad essere arte e non più prodotto industriale.

Qual è la difficoltà più grande che incontrate nel diffondere la vostra musica?
Il fatto che nemmeno noi sappiamo esattamente in che categoria musicale inserirci. devo dire che per molti anni è stata davvero dura, ora però pare che un po’ di cose stiano lentamente cambiando… siamo ottimisti, e speriamo che in un futuro ci siano più opportunità per tutti in questo ambiente.

Se vi chiedessero di suonare in un grande festival internazionale, quale sarebbe?
Indubbiamente il LIVE AID, per la serietà e la finalità dell’evento… poi ce ne sarebbero molti altri: HELLFEST, OZZFEST, READING FESTIVAL, INDIPENDENT DAYS, potrei andare avanti per ore…..

Spazio libero. Dite quello che volete.
Gli Statobardo suonano perchè non possono farne a meno.